I grillini come Gatto Silvestro, finiscono sempre a 4 zampe: dopo Di Maio ripescato anche Bonafede alias Dj Fofò

Alla fine ce l’ha fatta anche Alfonso Bonafede. Dopo Luigi Di Maio, un altro ex ministro degli anni d’oro del grillismo trova la sua collocazione. Ma, a differenza dello scissionista Di Maio, l’ex Guardasigilli approda nel consiglio di presidenza della giustizia tributaria con la benedizione di Giuseppe Conte. Bonafede, infatti, è stato eletto dalla Camera come consigliere laico grazie a un accordo tra la maggioranza e il M5s.

Nella spartizione dei giudici rimangono a bocca asciutta il Pd e l’Alleanza Verdi-Sinistra. Dem e rossoverdi si sono astenuti sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama, in polemica con il centrodestra. «Non si era mai visto che la maggioranza decidesse anche per l’opposizione che spettassero meno di 4 membri su 12. Quindi un altro affronto istituzionale gravissimo», commenta Elly Schlein. Dei 12 laici da eleggere nei tre consigli di presidenza (4 per la giustizia tributaria, 4 per la Corte dei conti e 4 per la giustizia amministrativa) tre sono andati alle opposizioni: due al M5s e uno al Terzo Polo.

Conte ha sfruttato l’Aventino del Pd e ha piazzato due suoi uomini. Il pezzo forte è Bonafede, che ha vinto le resistenze di parte della maggioranza ed è approdato alla giustizia tributaria insieme alla leghista Carolina Lussana e a Giorgio Fiorenza e Alessio Lanzi eletti dal Senato. Lanzi è stato membro laico del Csm in quota Forza Italia. L’avvocato si è beccato pure la casella inizialmente destinata al Pd, ovvero un posto da consigliere di presidenza della Corte dei conti. In quota Cinque Stelle il Senato ha eletto Francesco Cardarelli, avvocato che ha difeso il M5s e che è considerato molto vicino all’ex premier. Il quadro è completato da Carmela Margherita Rodà, sempre votata dai senatori. Alla Corte dei conti i deputati hanno scelto Filippo Vari e Vito Mormando. L’altra casella riservata all’opposizione la occupa il Terzo Polo con Giangiacomo Palazzolo, eletto dal Senato alla giustizia amministrativa in quota Azione. Con lui Giovanni Doria per Palazzo Madama e per la Camera l’ex senatore leghista e prima ancora grillino Francesco Urraro e Eva Sonia Sala.

Tirando le somme, Conte ignora le sirene di chi lo vuole più collaborativo con Schlein e si accorda con la maggioranza per ottenere qualche poltrona. «Il prode Conte piazza i suoi uomini, alla faccia della parità di genere e accordandosi con la maggioranza», sibila con Il Giornale una fonte dem al Senato. I pentastellati rivendicano la loro scelta e criticano le mosse del Pd. «Non condividiamo questa reazione del Pd: se tutte le forze politiche di minoranza avessero abbandonato la votazione in Aula, non avrebbero fatto altro che lasciare alla maggioranza la totalità della rappresentanza laica negli organi di autogoverno», dice Francesco Silvestri, capogruppo del M5s alla Camera. Il voto sui membri laici dei consigli di presidenza delle magistrature speciali allarga il solco che divide Conte da Schlein e ripesca Bonafede. L’ex ministro, non candidato in virtù della regola dei due mandati, è rimasto nel M5s e ha aspettato l’occasione in silenzio. Fallita la nomina al Csm, è arrivato il posto alla giustizia tributaria. La terza vita di Bonafede, dopo quella da ministro della Giustizia della «Spazzacorrotti» e la gioventù nelle discoteche di Mazara del Vallo con il nome d’arte di Dj Fofò.

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