Ilaria Salis, il Presidente La Russa: “Non ho simpatia per chi commette reati all’estero”

“Al padre di Ilaria Salis ho dato la mia solidarietà e il mio appoggio in quanto padre, ne ho riconosciuto la sofferenza, ma non ho nessuna simpatia per chi va all’estero – se così sarà accertato – per commettere reati“. Il presidente del Senato Ignazio La Russa, intervenuto a Ping pong su Rai Radio 1, dice la sua sul caso dell’insegnante italiana e attivista antifascista detenuta da oltre un anno in Ungheria, con l’accusa di aver partecipato al pestaggio di un militante di estrema destra in strada a Budapest. 

Pochi giorni fa, Nicola Fratoianni Angelo Bonelli hanno annunciato di averla candidata alle Europee tra le fila di Alleanza Verdi e Sinistra. “Mi auguro che non incida sulla valutazione dei magistrati ungheresi – annota La Russa -. La politicizzazione eccessiva non è andata a favore degli arresti domiciliari. Però è tutto lecito. Ognuno – conclude – fa le proprie scelte. Io ho apprezzato nella Salis che si è candidata nel partito più vicino alle idee che ha professato. E’ stata coerente. Si candida con i suoi compagni”. 

Sulla Salis è intervenuto anche Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna anche lui detenuto per mesi nelle carceri del Cairo, in condizioni durissime. “Voglio ricordare da qui il trattamento e le umiliazioni che sta subendo Ilaria in carcere in Ungheria. Spero che anche lei abbia lo stesso supporto dell’Italia che ho avuto io”. “Io mi sento un privilegiato a essere un uomo libero – aggiunge intervenendo all’Università Kore di Enna dove ha incontrato gli studenti – ma non voglio e non posso dimenticare chi oggi è in difficoltà”.

In una lettera spedita al caposervizio del Resto del Carlino edizione Reggio Emilia, intanto, Roberto Salis, padre di Ilaria, ha sottolineato come la figlia sia stata “incarcerata e trattata in modo disumano dal governo ungherese”. E ancora: “Incatenata ai piedi e alle mani, sottoposta a un processo senza garanzie”. “Il caso di mia figlia è emblematico di come l’Unione Europea non dovrebbe trattare i suoi cittadini – aggiunge – Ho letto la lettera ‘Perché si demonizza Vannacci e non la Salis?’ di Giorgio Sesena. Pur comprendendo il desiderio di evidenziare le discrepanze nel trattamento di casi differenti, devo chiarire le differenze tra i due casi. Mia figlia è stata vittima di un grave maltrattamento giudiziario. Non è un ufficiale militare o un politico, ma una giovane donna ingiustamente accusata e privata dei diritti fondamentali. Il trattamento disumano che ha subito, con catene ai piedi e alle mani, va contro i principi di giustizia e umanità che l’Unione Europea rappresenta. E mi sembra molto grave la sua giustificazione del motivo per cui la candidatura di mia figlia a suo avviso dovrebbe essere impedita: ‘Non ha mostrato contenuti politici meritori di candidatura europea’. Auspicare, come lei lascia intendere, che le candidature alle elezioni siano vagliate da una non meglio specificata ‘Commissione Meriti Politici‘ è un po’ lontano dai valori democratici che ispirano le culture occidentali ed Europee, a eccezione dell’Ungheria di Orban“. 

“Le elezioni europee – conclude papà Salis – non sono basate su listini bloccati in cui il politico di turno riesce a imporre agli elettori il seggio per il figlio di o l’amante di. Il sistema elettorale europeo prevede le preferenze sui candidati ed è il Demos cioè il popolo che stabilisce chi ha il merito politico per poter ottenere il seggio. Col suo metodo della Commissione Meriti Politici, Giuseppe Di Vittorio nelle elezioni del 1921 non avrebbe certamente superato le forche caudine della selezione del comitato che lei auspica, visto che si trovava nelle patrie galere, come mia figlia Ilaria, per i moti sociali del 1920/21. E l’Italia avrebbe perso il talento e il contributo di quello che ha rappresentato il più grande sindacalista della nostra storia. Per cui caro Saverio lasciamo decidere al popolo chi ha meriti politici e chi no ed evitiamo di importare in Italia i criteri selettivi della classe politica usati nelle Democrazie Illiberali, e dunque Assolutistiche come quelle dell’Ungheria di Orban”. 

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