Il governo Meloni prosegue spedito come un carro armato. E la Cgil si prepara al bordello sul decreto Lavoro

A casa tutto bene. Certo, solo al secondo tentativo, solo dopo aver sfiorato il disastro sul bilancio dello Stato, solo al termine di 24 ore di patemi e di paturnie, ma insomma lo scostamento adesso è approvato e pure Giorgia da Londra appare più serena. «Sono concentrata sui prossimi appuntamenti», dice, cioè l’incontro con i sindacati domani sera e il Consiglio dei ministri del primo maggio. Ora che c’è il Def e che il governo ha ritrovato la sua «agibilità finanziaria», la Meloni può mettere sul piatto i 3,4 miliardi necessari per tagliare il cuneo fiscale e provare a ridare fiato al lavoro, alle famiglie e anche alle imprese. «Se messe in condizione, sanno rendere l’Italia competitiva».

Quello di domenica non sarà un colloquio facile, Maurizio Landini è già in modalità polemica. «Noi abbiamo sempre chiesto di essere coinvolti e sentiti, quindi ascolteremo. Però non è questo il metodo che ci piace, essere convocati la sera prima quando la mattina dopo votano un testo pronto. Più che una consultazione è una informazione». E, visto il pasticcio sul Documento di programmazione economica, il segretario della Cgil non si risparmia la battuta: «Sulle politiche per l’occupazione servirebbe un cambiamento serio, invece vedo che quando bisogna fare qualcosa per i lavoratori la maggioranza va in ferie». Il governo però sembra intenzionato a tirare dritto, insistendo sulla sua ricetta. Il decreto, composto da trenta articoli, prevede una serie di novità. Dagli incentivi per chi assume i giovani sotto i trent’anni all’assegno di inclusione che dal primo gennaio sostituirà il reddito di cittadinanza. Dalle nuove regole più elastiche per i contratti a termine al potenziamento della sicurezza. Dai sostegni per i redditi più bassi al contributo per l’affitto.

Un pacchetto studiato per rilanciare l’economia e il lavoro, con un occhio alle famiglie, da lanciare nella data simbolica del primo maggio. L’inciampo parlamentare ha messo in forse tutta l’impalcatura, anche se il nuovo testo sullo scostamento non ha variato le cifre dell’intervento. L’idea della premier è mettere qualche soldo in tasca ai lavoratori, azionando due leve. La prima è una sforbiciata ai contributi versati dai dipendenti. La seconda è un aumento del valore dei buoni forniti dalle aziende, ad esempio per la benzina e le bollette: i fringe benefit. Il taglio del cuneo fiscale di due punti, stimano al Mef, produrrà 15 euro netti in più al mese per chi ne guadagna fino a 35 mila.

«Useremo i margini di bilancio disponibili per finanziare una riduzione dei contributi sociali», ripete da due giorni Giancarlo Giorgetti. Con questi interventi, aggiunge, «il governo intende perseguire il duplice scopo di incrementare i redditi reali delle famiglie e di limitare la rincorsa salari-prezzi, evitando di rendere strutturale la vampata inflazionistica». Domani si capirà la reazione dei sindacati. «La Cisl è pronta a confrontarsi nel merito», dice il segretario Luigi Sbarra. Secondo Pierpaolo Bombardieri, numero uno della Uil, «il primo maggio non sarà un giorno di festa, troppa gente che soffre, ma di mobilitazione: vedremo che cosa ci sarà nel decreto, per ora siamo preoccupati per le misure che il governo sta per prendere». E per Landini «c’è un problema salariale grande come una casa». La Cgil chiede un taglio del cuneo di cinque punti, non due, e di rinnovare i contratti del settore pubblico. «Non possono venire lì e dirci che liberalizzando i rapporti a termine si sconfigge la precarietà. È la strada sbagliata».

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