Gay Pride Milano, sfila la sinistra dell’ammucchiata: Schlein canta “Bella Ciao” e Zan esorta a “resistere”

Al Gay Pride di Milano sfila il solito repertorio della sinistra declinata ai colori arcobaleno. E a guidare il corteo, con tanto di fascia, il sindaco Sala e anche Elly Schlein. E per fare un esempio, tra gli altri anche Alessandro Zan… Certo, a ogni nuova manifestazione. il copione è sempre lo stesso, ma si recita a soggetto; e allora, stavolta nel calderone del corteo si mescola di tutto di più: dai carri anti-Meloni agli striscioni rivendicazionisti sulle trascrizioni all’anagrafe dei figli di coppie omo-genitoriali. Dal volto del premier fotoshoppato sul corpo di Mussolini, alla Schlein che canta Bella ciao. E Zan, per l’appunto, che inneggia alla “resistenza”. Fino alle militanti ucraine in piazza che marciano esponendo un cartello che recita: «Amo ragazzi e ragazze, ma odio la Russia».

E ancora. Tra attiviste straniere e vestali abortiste, al Milano Pride 2023 sfila anche don Giulio Mignani, il prete di Bonassola, sospeso l’anno scorso dalla Diocesi di La Spezia, a causa delle sue posizioni pro famiglie arcobaleno, eutanasia e aborto. «Io però rimango un prete», dice sfilando al Pride con collarino ecclesiastico. «Normalmente non mi vesto da sacerdote, ma quando vado alle manifestazioni ci tengo ad avere il collarino». Perché anche se «certamente non rappresento la gerarchia ecclesiastica, sento di rappresentare comunque una fetta dei fedeli che si sentono rappresentati dalle mie posizioni».

Insomma, in piazza a Milano c’è tutto il decalogo più obsoleto della sinistra, decisa a rinverdire le tinte rainbow in nome dell’ultima propaganda su maternità surrogata – che il governo vuole rendere reato universale, e su cui la comunità Lgtbq ha alzato le barricate – e famiglie omo-genitoriali. Di più: alla sfilata del Pride milanese, trova spazio persino Margaret Atwood di cui, riferisce Il Giornale, alcune “ancelle” in corteo evocano «il simbolo della lotta contro l’aborto in America, con copricapo bianco e tunica rossa con la scritta: “Prejudice”»… E la domanda sorge spontanea: ma che c’entrano aborto e Legge 194 col Gay Pride con la protesta per utero in affitto e maternità surrogata?

Un caravan serraglio indistinto, quello partito da Piazza della Repubblica, che tra accuse e recriminazioni ha riproposto sulla scena milanese i cavalli di battaglia della comunità Lgbt, tornata a proporre in alternativa a dialogo e confronto civile e democratico, la rivendicazione a tinte forte e toni accesi. E, in generale, un’iconografia ormai usurata che più che comunicare sembra voler provocare. Una sceneggiatura in cui il massimo della satira raggiunto sta nel manifesto di una partecipante che recita: «Più limoni, meno Meloni». Non solo: anche chi sperava che Schlein, Zan e compagnia cantante potessero risollevare il livello di argomentazioni e slogan, sarà rimasto deluso.

Dalla segretaria del Pd, il solito piagnisteo sul «pericolo di regressione sui diritti, non solo in Italia con questo governo, ma anche in Europa». E l’ennesimo grido di battaglia che, tra retorica e militanza d’antan, ha esortato a continuare a «batterci – ha incalzato la numero uno del Nazareno – per il matrimonio egualitario. Per il pieno riconoscimento dei figli delle coppie omo-genitoriali, anche alla luce di decisioni che piovono come massi su queste famiglie». Fino al sussulto finale: «Possono provare a costringerci al margine, possono rallentare i nostri diritti, ma non possono cancellare i nostri corpi, perché ci stringeremo in un abbraccio tanto stretto che non passeranno. No pasarán», ha concluso la segretaria dem in versione motivazionista.

Il solito refrain che fa sembrare persino il parlamentare del Pd, Alessandro Zan, più concreto e dirompente della Schlein.. E così, nel descrivere il Pride come «una grande manifestazione pacifica, dove le persone sono arrabbiate», l’esponente dem rilancia: «Usare vite, persone, per speculare elettoralmente è ignobile. Ecco perché il Pride è una manifestazione di resistenza. Qui e in tutta Italia, c’è un’onda Pride che non si arrende all’idea di vedere applicato l’articolo 3 della Costituzione». Tutto materiale buono da tenere in cassetto per la prossima rivisitazione sul tema.

Pubblicato da edizioni24

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