Vaticano, la inchiesta di ith24 prende sempre più forma, il Cardinale Becciu è innocente, e replica al “pm” Diddi: “accuse false, scambia me per Perlasca. Era lui che teneva la cassa”

Accusato di ogni nefandezza dal cosiddetto Promotore di giustizia, Alessandro Diddi, nel processone vaticano sull’acquisto del palazzo londinese di Sloane Avenue – una specie di gigantesco contenitore dove l’avvocato romano di Salvatore Buzzi chiamato ora qui Oltretevere a svolgere il ruolo di pm della Santa Sede, ha ficcato ogni questione possibile – il cardinale Angelo Becciu, imputato, si toglie qualche sampietrino dalle scarpe.

“Il Promotore continua a raccontare fatti sul mio conto totalmente lontani dalla realtà, che respingo con forza cosi come respingo ogni singola accusa. Nessuna esclusa. E lo faccio per amore di verità”, dice tutto d’un fiato Becciu in una dichiarazione spontanea dopo che gli è stato concesso di intervenire questa mattina in Aula nel corso del processo davanti al Tribunale vaticano per lo scandalo finanziari.

Leggi l’intervento drl Direttore Gaetano Daniele sul caso Angelo Becciu.

Becciu, tra i dieci imputati nel processo dove non è ancora chiaro, nonostante le decine e decine di udienze, cosa lega un imputato all’altro, ha preso la parola nel terzo giorno di requisitoria del Promotore di giustizia.

Al termine, il Promotore di giustizia Diddi, riprendendo la requisitoria, ha osservato: “Secondo me il cardinale Becciu fa finta di non comprendere le questioni in ballo”.

“Il professor Diddi insiste – replica Becciu –  innanzitutto sui 50 milioni annui donati dallo Ior al Papa per le necessità della Sede Apostolica e depositati nei conti della Segreteria di Stato, manifestando dubbi sul loro utilizzo”.

“Quando arrivai in Segreteria di Stato – ha osservato Becciu nella sua dichiarazione spontanea – questa tradizione era già consolidata e ricordo che la somma era ripartita tra Radio Vaticana, Osservatore Romano e Nunziature Apostoliche”.

Nel dettaglio, Becciu ha ricordato che “questi 50 milioni venivano usati così: dai 18 ai 23 milioni venivano dati alla Radio Vaticana – alcuni anni aiutava il governatorato – 8 milioni all’Osservatore Romano, dai 27 ai 33 milioni alle nunziature apostoliche per la loro manutenzione e la costruzione di nuove sedi – sono ora saliti da 36 milioni di euro. Non erano inclusi gli stipendi ai Nunzi, questi sono pagati dall’Apsa. In ambienti come l’Africa si mantenevano famiglie, soprattutto famiglie di dipendenti, questi 33 milioni servivano. Fatevi la somma, 50 milioni sono finiti e anche avanzati”.

Nella sua dichiarazione spontanea Becciu annota: “Ancora, mi si accusa con veemenza di aver impedito che il cardinal Pell e la Segreteria per l’Economia effettuassero dei controlli sull’ufficio amministrativo della Segreteria di Stato: ribadisco che il denaro amministrato dalla Segreteria di Stato costituiva il Fondo sovrano del Papa dai tempi di Paolo VI (e da allora mantenuto riservato), non rientrava nel bilancio consolidato della Santa Sede. E di esso si rendeva conto solamente al Pontefice e al Segretario di Stato ogni sei mesi”.

“Il cambiamento delle prerogative della Segreteria di Stato, che la ponevano al di sopra degli altri Dicasteri non poteva deciderlo il Sostituto, come fatto intendere da Diddi, ma solo e soltanto il Santo Padre”, ribadisce il cardinale.

“La prova? È stato necessario un motu proprio per mutare natura e competenze della Segreteria di Stato” sottolinea il porporato.

“Sugli investimenti, è come se il Promotore di Giustizia mi avesse scambiato con il Capo ufficio dell’Amministrazione della Segreteria di Stato, mentre ho svolto il ruolo di Sostituto”, ha fatto notare ancora Becciu.

Infatti, “tutte le attività che Diddi ha attribuito a me le doveva svolgere e le ha svolte il Capo ufficio, monsignor Perlasca”, affonda Becciu.

Perlasca era il supertestimone che il Promotore di Giustizia esibiva come l’asso nella manica fino a quando si è scoperto che era eterodiretto e manipolato da due donne, come è emerso da alcuni messaggi inizialmente omissati. Ed è crollato. Tanto che l’accusa lo ha messo a quel punto da parte assegnandogli un ruolo marginale.

“Nessuno tra chi ha avuto a che fare con il Palazzo di Londra ed è intervenuto in questo processo ha fatto il mio nome – ha buon gioco a dire Becciu. – Il Promotore mi ha attribuito responsabilità che non avevo: mi sono sempre uniformato ai dossier preparati dall’ufficio e controfirmati da monsignor Perlasca (l’ex-supertestimone, ndr) , e così anche per il Palazzo di Londra, semplicemente perché mi era stato presentato calorosamente come un affare vantaggioso per la Santa Sede. Se mi avessero presentato un minimo di svantaggi avrei certamente bocciato la proposta. L’autorizzazione a investire le somme depositate nell’Ubs di Lugano mi fu comunque data dall’allora Segretario di Stato”, rincara la dose Becciu.

Quanto all’investimento nella Falcon Oil, poi non andato in porto ma che secondo la tesi dell’accusa era operazione propedeutica a quella del Palazzo di Londra, Becciu ha sostenuto di essersi “limitato a parlare a monsignor Perlasca di questa proposta, affinché ne verificasse eventuali vantaggi, precisando che nel rispondermi non avrebbe dovuto guardare la mia faccia e tantomeno la nostra amicizia”.

Quella proposta fu infatti poi bocciata, “a riprova che gli investimenti venivano decisi dall’ufficio amministrativo e da me solo ratificati”.

Ancora Becciu ha fatto notare che “il Promotore più volte mi ha accusato di non essermi comportato da pater familiae nell’amministrazione dei beni della Santa Sede, ma respingo con fermezza anche questa accusa. Io per la Santa Sede ho donato la mia vita e ho cercato di difenderla sempre. Ne è prova quanto accaduto con il cardinal Pell, sebbene mi spiaccia menzionare un defunto: mentre molti pensavano che i nostri rapporti talvolta aspri fossero causati dalla mia opposizione alle sue riforme, in realtà cercavo solo di far notare che queste comportavano costi esorbitanti per la Segreteria di Stato. Immaginate, al personale fatto venire dall’Australia assegnò 25mila euro al mese, alla sua segretaria 12mila euro, come pure fece venire un funzionario dall’Apsa dove prendeva 2500-3000 euro e gli assegnò 9mila euro. Non potevo stare zitto, perché il Segretario di Stato aveva emanato circolare in cui si bloccavano scatti di anzianità e assunzioni. Ciò dimostra che quando vedo cose errate non ho paura di affrontare le persone e di far correggere le storture, perché per me viene prima il bene della Chiesa e della Santa Sede, nel cui esclusivo interesse ho sempre operato”.

Le richieste di condanna per i dieci imputati del Promotore di giustizia arriveranno mercoledì prossimo, il 6 dicembre si chiude la discussione con le arringhe delle difese.

E la sentenza del Tribunale vaticano sullo scandalo finanziario legato alla compravendita del Palazzo londinese dovrebbe arrivare prima di Natale.

Pubblicato da edizioni24

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