Saman, ci mancava l’avvocato del padre (del diavolo): “La famiglia non c’entra, indagate sul fidanzato”

Un nuovo elemento di sdegno si aggiunge alla vicenda di Saman Abbas, la ragazza pakistana uccisa a Novellara la notte tra il 30 aprile e il 1° maggio 2021, dopo essersi opposta a un matrimonio combinato dalla famiglia. Ieri sera, nel corso della trasmissione Quarto Gradol’avvocato Akhtar Mahmood, legale del padre arrestato in Pakistan per l’omicidio della ragazza e in attesa di una estradizione che sembra non arrivare mai, ha sostenuto che «per noi i colpevoli sono il fidanzato o qualcuno della comunità» nella quale Saman aveva trovato rifugio dopo essere fuggita dalla famiglia. Di più l’avvocato di Shabbar Abbas, parlando di rapimento, ha accusato «lo Stato italiano» di aver «forzato Saman a finire la scuola e l’ha portata in questa comunità in cui non si sapeva che tipo di persone ci fossero».

«La ragazza è stata rapita e uccisa. I genitori non c’entrano nulla e neanche la famiglia. È stato incolpato lo zio Danish, ma al momento né noi né voi possiamo dire cosa sia successo realmente. Per noi i colpevoli sono il fidanzato di Saman o qualcuno della comunità italiana», ha sostenuto l’avvocato in un intervento che lascia senza parole e che fa a cazzotti con le evidenze emerse dalle indagini e ricordate dallo stesso servizio di Quarto Grado: dagli audio in cui Saman diceva di temere per la propria vita al drammatico filmato della notte della scomparsa, fino al fatto che è stato proprio lo zio Danish Hasnain a indicare il casolare a 500 metri da casa in cui è stato ritrovato il corpo della povera Saman. E questo senza tenere conto delle testimonianze sulla sorte della 18enne, prima fra tutte quella del fratello allora 16enne, che ancora vive in una situazione protetta e del quale il suo legale, l’avvocato Valeria Miari, ha rivelato i timori di fare la stessa fine della sorella.

«Saman aveva detto ai genitori: “andate in Pakistan e io vi raggiungerò là…”. È stata rapita! Lo Stato italiano ha forzato Saman a finire la scuola ed è stata portata in questa comunità, dove non si sapeva che tipo di persone ci fossero. Ripeto: si punta il dito contro la famiglia senza avere prove», ha sostenuto ancora l’avvocato, secondo il quale anche gli audio in cui la ragazza confidava di aver paura di poter essere uccisa dai familiari «non sono vere prove». «Il fidanzato ha detto che Saman non aveva il telefono. Forse lui stesso ha voluto far uccidere la fidanzata. Bisognerebbe indagare anche su di lui. Se Saman non aveva il telefono, come sono stati inviati quei vocali? Quegli audio – ha detto – non sono prove».

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