Piazza Affari, le banche Italiane alzano il calice di cristallo grazie all’aumento dei tassi

Settimana molto positiva per il mercato azionario, nonostante il rialzo dei tassi della BCE e della FED di 25 bp, che supera di slancio i 29.500 punti (non accadeva dall’agosto 2008), mettendo a segno una performance del 2,2%. I mercati vedono la fine dei rialzi dei tassi e, nonostante l’Europa sia già in recessione e gli USA siano attesi entrarvi entro la fine dell’anno, cominciano a scontare la futura ripresa economica. Difficile dire se il mercato sta anticipando troppo la ripresa economica.

Sempre più contenute da alcuni mesi a questa parte le performance dei titoli Star, il cui indice sale dell’1,4% e quelle delle micro caps, il cui indice mette a segno una performance dello 0,2% in una generale contrazione dei volumi.

Titolo migliore della settimana Stellantis, con una performance del 12,1% anche grazie all’annuncio della firma di un protocollo d’intesa con Samsung Sdi per la realizzazione di una nuova gigafactory per la produzione di batterie negli Usa. Seconda posizione per Diasorin, salita dell’8,7% sulla scia dei risultati del primo semestre migliori delle attese degli analisti, benchè in calo rispetto al primo semestre del 2022. Terza posizione per Azimut che mette a segno una crescita dell’8,1%, grazie alla importante crescita semestrale delle masse gestite e dell’utile netto.

In controtendenza Erg, dopo che il semestre poco ventoso e i prezzi dell’energia in contrazione hanno costretto il management a rivedere al ribasso la guidance per il 2023. In flessione anche CNH nonostante i risultati record del secondo trimestre e la conferma della guidance per il 2023. Campari -1% sulla scia di una semestrale che non convinto del tutto gli analisti.

Sono in uscita i primi risultati delle banche Italiane e possiamo dire a ragione che, salvo poche eccezioni, sono mediamente positivi. L’aumento dei tassi di interesse ha allargato la forbice fra i tassi attivi e passivi (quelli pagati dalla banca ai propri correntisti e quelli pagati dai clienti alla banca per mutui e prestiti) che dall’1,4% circa del giugno 2020 è balzato al 2,9% circa del giugno 2023, beneficiando il margine di interesse. Il lavoro di rafforzamento delle banche Italiane, grazie anche all’azione della BCE e della Banca d’Italia, in realtà parte da lontano. Dalla gestione delle sofferenze nette, scese da 50 miliardi di euro del maggio 2018 a 15 miliardi di euro nel maggio 2023 (il rapporto sofferenze nette su impeghi nello stesso periodo è passato dal 2,9% allo 0,9%), fino all’ottimizzazione dei costi che ha consentito al cost/income ratio (che è il rapporto tra i costi operativi e il margine di intermediazione) medio del settore di scendere al 56,4% circa nel primo semestre dell’anno (era al 63,3% nel giugno 2020).

I costi complessivi di struttura delle banche sono meno soggetti ai rincari del prezzo dell’energia, ma non esenti dall’inflazione che ha colpito i costi amministrativi. Le principali banche italiane sono state comunque in grado di compensare le pressioni inflazionistiche salvaguardando così i margini di reddito, sia attraverso un aumento dei prezzi per i servizi, sia attraverso misure di riduzione dei costi di struttura. In positiva crescita sono risultati gli investimenti medi, soprattutto verso la digitalizzazione o in iniziative strategiche che consentiranno un’ulteriore contrazione dei costi complessivi di struttura negli anni a venire.

Fini qui i primi sei mesi dell’anno. Per quanto riguarda il secondo semestre, riteniamo che ci siano tutti gli ingredienti perché le banche Italiane possano evidenziare utili ancora in crescita, anche se ce l’aspettiamo più moderata rispetto ai primi sei mesi, considerato lo scenario macroeconomico più sfidante. I costi sono infatti sotto controllo, così come la qualità degli attivi e le banche Italiane sono molto meglio capitalizzate rispetto a qualche anno fa e con solidi buffer medi sui requisiti stabiliti dai regolatori: il coefficiente CET 1 medio fully loaded è pari a 14,5%, ovvero 560 punti base sopra i requisiti dei minimi regolamentari.

Le banche Italiane sembrano quindi piuttosto solide e in grado di resistere a shock esterni anche piuttosto importanti (i recenti stress test lo hanno dimostrato). A livello macro economico, una volta svaniti gli stimoli alla crescita economica dovuti alla domanda repressa, è probabile che la crescita dell’Italia converga verso una normalità meno stimolante. In altre parole, riteniamo che il margine di interesse core possa ancora crescere grazie all’aumento dei tassi, ma la qualità dell’attivo potrebbe iniziare a deteriorarsi a seguito della frenata economica attesa. Il sistema bancario Italiano, con 15 miliardi di crediti deteriorati netti, è comunque in grado di fare fronte ad una recessione lunga e profonda, che però al momento non si vede.

Corre l’obbligo di fare i confronti con le altre banche Europee. Se prendiamo come riferimento sempre il CET 1, scopriamo che la media delle banche Europee (poi ovviamente occorrerebbe distinguere ogni paese) è pari al 14,4% in linea con quella delle banche Italiane. Banche che quindi hanno saputo gestire l’esplosione passata degli NPL e la crisi dei BTP. E questo nonostante la BRRD (2014/59/UE, Banking Recovery and Resolution Directive) che ha introdotto in tutti i paesi europei regole armonizzate per prevenire e gestire le crisi delle banche e delle imprese di investimento, non sia ancora pienamente operativa.

Pubblicato da edizioni24

Pubblicato da ith24.it - Per Info e segnalazioni: [email protected]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.