Pec, e non solo: ecco cos’è il domicilio digitale

Il domicilio digitale è il luogo virtuale in cui imprese e professionisti possono ricevere le comunicazioni in formato digitale: per eleggere il proprio domicilio digitale le opzioni sono la Pec, Posta elettronica certificata o un Servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERCQ). Ma quali sono le differenze tra Pec e domicilio digitale? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Con il decreto Semplificazioni (D.L. n. 76/2020) è stato introdotto l’obbligo per professionisti (commercialisti, medici, architetti, avvocati, notai, etc.) e imprese costituite in forma societaria, della comunicazione del proprio domicilio digitale: una comunicazione da fare alle Camere di Commercio e agli ordini o collegi di appartenenza, pena una sanzione amministrativa, divenuta poi prerequisito per l’iscrizione al Registro delle imprese. A queste categorie si aggiungono anche le Pubbliche Amministrazioni (PA).

Il domicilio digitale è un recapito online che può essere attivato dopo essersi dotati di un indirizzo di Posta elettronica certificata o di un Recapito Certificato Qualificato previsto dal Regolamento europeo eIDAS (normativa comune per interazioni elettroniche sicure fra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni per la sicurezza e l’efficacia dei servizi elettronici e delle transazioni di e-business e commercio elettronico nell’Unione Europea). Si tratta in pratica del luogo digitale dove i cittadini (professionisti e imprese) indicano alla Pubblica Amministrazione di voler ricevere le proprie comunicazioni online con valore legale.

Secondo il CAD, Codice dell’Amministrazione Digitale, il domicilio digitale è “un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, in base al regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno”, considerato “valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale”. Tale definizione è stata introdotta nel CAD con la riforma del 2017 e riconosce il domicilio digitale come categoria più ampia rispetto a quella della Pec.

La finalità di questo strumento digitale è quella di sostituire il domicilio fisico per la “consegna” delle comunicazioni ufficiali: a differenza della raccomandata A/R tradizionale, che richiede che il destinatario sia presente nel luogo di destinazione, una comunicazione recapitata presso il proprio domicilio digitale può essere ricevuta e letta in qualsiasi parte del mondo ci si trovi, senza costi di invio e ricezione e senza i tempi (e anche taluni “incidenti di percorso”) legati al viaggio della posta cartacea, ma con la stessa validità legale di una raccomandata A/R. Il domicilio digitale dovrà garantire dunque l’identità di mittente e destinatario e certificare invio e ricezione delle comunicazioni.

Se attualmente la registrazione del domicilio digitale è già obbligatoria per PAprofessionisti e imprese, non esiste alcun obbligo per le persone fisiche e gli enti di diritto privato. Perché anche queste categorie possano utilizzare il domicilio digitale, è necessario avere un indirizzo di Pec o un SERCQ (acronimo di servizio elettronico di Recapito Certificato Qualificato) in linea con la normativa UE; registrare il recapito all’interno di appositi elenchi che verranno poi messi a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi per le comunicazioni con i cittadini.

Per essere in regola con l’obbligo di comunicazione del proprio domicilio digitale (previsto dal Decreto Semplificazioni), i professionisti (iscritti in Albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato) e le imprese (individuali o in forma di società), dovrebbero essere già in regola con il precedente obbligo di dotarsi di una Pec, avendo acquistato il relativo abbonamento da un gestore abilitato iscritto nell’elenco pubblicato sul sito dell’AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale.

cittadini che vogliano attivare un domicilio digitale per privati, dovranno invece iscrivere il proprio indirizzo Pec presso l’INAD (o indice dei domicili digitali). Il servizio sarà erogato tramite un portale web in fase di realizzazione da parte dell’AgID, cui si potrà accedere con SPID, CIE o CNS.

Ricapitolando, all’interno dell’attuale quadro normativo la Pec è uno degli strumenti previsti per attivare il domicilio digitale: per poter attivare il domicilio digitale, quindi, il cittadino deve essere titolare o di una Pec o di un SERCQ. Al momento, però, la Pec sembra essere l’unico strumento utilizzabile, dato che la normativa esecutiva sui SERCQ non risulta ancora completamente recepita ed attuata.

Possiamo paragonare la Pec a una comune casella di posta elettronica la quale, però, ha valore legale, dal momento che vengono certificate data e ora di trasmissione e ricezione del messaggio. Il mittente produce il messaggio di posta elettronica e vi acclude gli eventuali allegati. Tuttavia, perché questo abbia pieno valore legale, è necessario che mittente e destinatario siano in possesso di una casella Pec presso uno dei gestori autorizzati iscritti all’elenco pubblico tenuto dall’ AgID. Se dunque, da una parte, la Pec permette al mittente di detenere una documentazione legalmente valida dell’invio e del recapito della comunicazione, dall’altra non consente, da sola, di identificare il mittente del messaggio, visto che l’identità può essere certificata solo tramite l’uso contestuale della firma elettronica.

La Pec può essere quindi considerata un Servizio Elettronico di Recapito Certificato (SERC), in quanto soddisfa i requisiti fissati nel regolamento eIDAS, ma non può essere considerata, almeno per ora, Servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERCQ).

Inoltre, allo stato attuale, non è prevista la verifica certa dell’identità del richiedente della casella di Pec, nè che il gestore debba sottoporsi obbligatoriamente alle verifiche di conformità da parte degli organismi designati.

A differenza della Pec, dunque, il Servizio elettronico di recapito certificato qualificato (o SERCQ) renderà certe le identità di mittente e destinatario (usando un linguaggio tecnico, significa che integrerà in maniera “nativa” la certezza delle loro identità) ma richiederà allo stesso tempo quella che viene definita una strong authentication (cioè una serie di meccanismi di autenticazione) da parte di mittente e destinatario; meccanismi che devono essere ancora compiutamente definiti, in conformità con il Regolamento Eidas, e su cui si sta lavorando.

Un dato positivo, però, è che la Pec è in fase di evoluzione. Da tempo si discute di ciò e il percorso pare già definito verso l’inserimento di questo strumento tra i Servizi elettronici di recapito certificato qualificato.

Nel 2019 è stato costituito un gruppo di lavoro tra l’Agenzia per l’Italia Digitale, i gestori Pec, Uninfo e Assocertificatori con l’obiettivo di mettere a punto le regole tecniche necessarie per far “salire di grado” la Pec, in modo da renderla conforme agli standard europei richiesti per il Servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERCQ).

Questo per evitare la creazione di ulteriori strumenti alternativi; sostituire qualcosa di ormai così diffuso ed entrato nell’uso comune come la Pec, oltre ad essere un’operazione anti-economica e macchinosa, non farebbe altro che generare confusione fra gli utenti.

Pubblicato da edizioni24

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