Migranti, cosi Urso ferma i trafficanti: “Flussi regolari collegati alle richieste delle imprese”

Sulla questione immigrazione irregolare e incontrollata il titolare del dicastero delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha idee chiare e precise. Una visione prospettica e un modus operandi immediato, che il ministro spiega in una dettagliata intervista al Messaggero. Un piano che, partendo dall’ondata inarrestabili di sbarchi, prova ad arginare la portata del fenomeno e a fermare i trafficanti collegando i flussi regolari di immigrati alle richieste delle imprese. La soluzione insomma sarebbe quella di allargare le maglie del decreto flussi, e finalizzarlo a un approccio mirato.

Il governo sta preparando il decreto flussi, si parla di almeno 100 mila immigrati regolari. Quanta manodopera, ha chiesto il quotidiano capitolino al ministro, serve alle aziende italiane? «Le nuove norme – è stata la risposta – che sono state approvate nell’ultimo Consiglio dei Ministri sono tese da un parte a rafforzare gli strumenti di contrasto ai flussi migratori illegali e all’azione delle reti criminali che operano la tratta di esseri umani. Dall’altra a semplificare le procedure per l’accesso, attraverso canali legali, dei migranti qualificati».

Una premessa, che nei passaggi successivi dell’intervista il ministro amplia e argomenta dicendo: «Per quanto di nostra pertinenza, stiamo procedendo a un censimento dei fabbisogni e delle competenze che interessano il nostro sistema d’impresa. In modo da avere una visione aggiornata su quali tipologie di lavoro c’è maggior bisogno nel nostro Paese, anche al fine di realizzare la formazione direttamente nei Paesi d’origine. A breve avremo un quadro chiaro della situazione, anche dal punto di vista numerico» spiega.

«L’obiettivo – prosegue quindi Urso – è arrivare a un andamento di flussi regolari in corrispondenza con le esigenze delle imprese e del settore produttivo in generale. Le nuove disposizioni vanno proprio in tal senso: una programmazione che si realizzerà con i Paesi di origine, introducendo anche un sistema di premialità per chi maggiormente rispetta le regole». Ma allora, in quali settori c’è maggiore carenza o bisogno di manodopera specializzata?

«La richiesta di manodopera specializzata riguarda sia il mondo delle nuove tecnologie e delle professioni innovative – basti pensare a sfide come quella dell’intelligenza artificiale, della meccatronica, delle biotecnologie – sia le attività più tradizionali. A cominciare da quelle stagionali del sistema agricolo e del turismo. Sino a quelle inerenti il settore delle costruzioni. E, in alcune regioni, anche delle aziende manifatturiere che non riescono a soddisfare gli ordini per mancanza di manodopera».

Ma l’Italia e l’Europa cosa dovrebbero fare per difendersi dall’Ira degli Stati Uniti e dalla sfida asiatica? «Esattamente quello che ha fatto Washington. Una vera politica industriale che si regga su quattro pilastri: aumento della produzione energetica. Autonomia sulle materie prime critiche. Grandi risorse pubbliche a supporto dei settori strategici. E misure di reshoring. Dobbiamo farlo insieme, e non contro gli Stati Uniti – replica esaustivamente Urso – per rispondere alla grande sfida sistemica della Cina».

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