Maggioranza di governo ai titoli di coda: Ecco quanto pesa il partititino di Giuseppi Conte. Siamo ai gradi di Bolzano

Lui lo ha sempre negato pubblicamente, ma nelle stanze del palazzo se ne continua a parlare. Soprattutto dopo le parole di Goffredo Bettini, esponente del Partito democratico: “La sua leadership non è mai stata discussione. Sarebbe comprensibile che la forza che ha nel Paese si trasformasse in un soggetto politico”. Si sta ovviamente parlando di Giuseppe Conte che già nei mesi scorsi – abbagliato dai sondaggi che lo davano in costante crescita in piena pandemia – avrebbe iniziato a pensare a un progetto per lanciare il proprio partito. Continua a smentire categoricamente, eppure il suo sogno potrebbe diventare presto realtà: con un’eventuale crisi di governo innescata da Italia Viva, il quadro politico che si delineerebbe potrebbe vedere il premier alla guida di un’alleanza tra Movimento 5 Stelle e Pd.

Non a caso due ministri a lui vicini confermano che, qualora dovesse cadere questa maggioranza e si dovesse tornare al voto, “farebbe nascere un suo partito o una sua lista”. Il presidente del Consiglio si trova tuttavia di fronte a un bivio: indossare i panni di candidato giallorosso oppure entrare nella corsa per il capo politico dei grillini? “Se fosse Conte a fare la prima mossa, sarebbe lui a provocare la crisi”, spiega un esponente del governo a La Stampa. I leader di M5S e Partito democratico sono già entrati in allerta: un suo partito andrebbe a pescare proprio nel loro elettorato. Tra i dem a fare subito scudo è Andrea Romano: “Davvero qualcuno auspica la nascita di un partito di Conte, che toglierebbe voti proprio al Pd?”. Dunque, viene sottolineato, una lista del premier sarebbe totalmente differente da una sua leadership a capo di un’alleanza elettorale.

Ma quale sarebbe il peso di un eventuale partito di Giuseppe Conte? Il Corriere della Sera ha interpellato alcuni esperti sondaggisti per rispondere al quesito. Nando Pagnoncelli di Ipsos ha fatto sapere che al momento non si hanno dati recenti sul potenziale elettorale dell’avvocato, anche perché il consenso che deriva dal profilo istituzionale difficilmente si traduce in voti: “Come spesso accade nelle situazioni di emergenza, una parte del consenso per l’operato del premier proviene da elettori dell’opposizione e dagli astensionisti (che rappresentano circa il 40% dell’elettorato)”. Ma poi continuano a votare per il partito che sentono più vicino oppure si ostinano ad astenersi: “Un conto è operare da premier che non è iscritto a un partito, un altro è entrare nella competizione elettorale”.

Alessandra Ghisleri di Euromedia Research ha ricordato che alla fine dell’estate avevano testato il partito di Conte intorno al 4-6%. Senza una campagna elettorale conta moltissimo l’influenza dell’attualità, “e lui è molto presente con tutte le sue conferenze stampa”. Comunque i consensi provengono principalmente da M5S e Pd. Invece Fabrizio Masia di EMG ha riferito che, nonostante la fiducia del premier sia declinante, non esclude che oggi possa valere tra l’8 e il 12% come potenzialità: “L’elettorato a cui parla in parte è quello grillino, in parte quello Pd”. Mentre non parla al centrodestra: “Parla un po’, ma veramente poco, al versante moderato di Forza Italia”.

Secondo Pietro Vento di Demopolis la fiducia in Conte nelle ultime settimane va dal 45 al 50%: adesso è apprezzato da oltre l’80% dall’elettorato giallorosso, ma deve fare i conti con un misero 5% che proviene dagli elettori di Lega e Fratelli d’Italia. Comunque, è giusto ribadirlo, la fiducia è diversa da una stima del consenso di una lista Conte: “Se si votasse per la Camera, secondo le analisi di Demopolis, otterrebbe il 10%. La parte più consistente del suo consenso, 5-6%, verrebbe da M5S, il 2 dal Pd e dal centrosinistra, non più di un punto da Forza Italia, nulla dal resto del centrodestra”.

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