“L’Italia non si impegna sui migranti”. L’uscita a capocchia dell’Europa

Dopo aver negato per anni l’aiuto all’Italia nella gestione dei flussi migratori, lasciandola da sola a sopportare il peso degli sbarchi dei clandestini sulle proprie coste, ora l’Europa cerca anche di interferire con il sistema italiano. Le ricollocazioni, che riguardano comunque gli asilanti o i richiedenti asilo, sono pressoché ferme e nel territorio italiano insistono decine di migliaia di migranti irregolari e senza fissa dimora, pronti a delinquere e a commettere violenze. Il governo guidato da Giorgia Meloni, in meno di un anno ha cercato di attuare una stretta agi arrivi, pur essendo costretta all’interno di paletti inamovibili da parte dell’Unione europea e oggi il commissario dei diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatovic, striglia il nostro Paese.

Il tono è quello della ramanzina di una preside verso la classe più disgraziata: “È ora che l’Italia cambi radicalmente le politiche migratorie”. In particolare, il riferimento di Dunja Mijatovic è ai salvataggi in mare, le relazioni con le Ong e gli accordi con i Paesi della sponda Sud. “L’Italia non si sta impegnando come dovrebbe nelle operazioni di salvataggio e sta rendendo più difficile questo compito per le Ong”, ha proseguito il commissario. Dovrebbe ripeterlo davanti alle donne e agli uomini della Guardia costiera che quotidianamente mettono in pericolo la propria vita per salvare quella dei migranti, in qualunque condizione operativa si trovino a dover intervenire. Dalle parole di Mijatovic sembra che gli assetti dispiegati in zona Sar italiana, che effettuano anche interventi in area Sar maltese per supportare le carenti risorse dello Stato insulare, abbiano una capacità di intervento inferiore a quella delle Ong.

Le navi della flotta civile saranno sicuramente rincorate da questa carezza da parte del Consiglio d’Europa, che comunque è ininfluente a fini decisionali per l’Italia. Che il Paese stia operando all’interno delle regole e delle norme lo dimostra la sentenza del Tar del Lazio, al quale le Ong si sono appellate nella convinzione di trovare la solita sentenza a proprio favore. Ma, stavolta, il tribunale amministrativo ha spento ogni velleità: l’Italia, e il Viminale, hanno tutto il diritto di decidere il porto di sbarco delle navi cariche di migranti.

Nello specifico, la sentenza, che a valore a differenza dell’ammonizione da parte di Dunja Mijatovic, si legge che “non convince l’architrave logico secondo il quale la nozione di ‘porto sicuro’ coinciderebbe necessariamente con quello più vicino alla zona di soccorso”, questo perché “manca una definizione chiara ed internazionalmente condivisa di ‘porto sicuro’ indissolubilmente legata al concetto di porto più vicino”. La narrazione che per anni le Ong hanno portato avanti sostenute dagli amici rossi, quindi, si basa solo sull’interpretazione di comodo: l’Italia non viola i regolamenti internazionali.

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