Landini va in piazza contro i rincari, ma “Repubblica” è ossessionata dal fascismo e evoca la mobilitazione antifascista

Maurizio Landini dice una cosa, Repubblica ci monta su un titolo tutt’all’opposto. Miracolo del demone dell’ossessione antifascista travestito da giornalismo, che da tempo si è impossessato del quotidiano di largo Fochetti. Fino al punto di mettere in bocca ai propri intervistati parole concetti mai detti o detti all’incontrario. Un po’ come il treno dei desideri cantato in Azzurro da Adriano Celentano. E così Landini si trova ad aver parlato di «impunito assalto fascista» alla sede fascista della Cgil quando invece il suo virgolettato dice ben altro. Questo: «Chi ha assaltato la nostra sede è oggi sotto processo, rispettiamo quindi il lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura».

Che vi dicevamo? L’esatto contrario. Certo, Landini non è tipo da prendersela se lo fanno apparire più anti di quel che è, infatti il problema non è lui ma Repubblica. Non ne osiamo neppure immaginare la riunione di redazione nel momento in cui scatta, perché scatta, la caccia al fascista (o all’antifascista) di giornata. Una vera fissa che porta quel quotidiano a farsi beffa persino della logica, oltre che della verità, ben oltre la soglia del ridicolo. Un problema di copie, di invenduto, chissà… Fatto sta che quello di Landini è tutt’altro che un caso isolato. E dire che nel corso della sua intervista il segretario generale della Cgil ha esposto concetti interessanti, spaziando dal disagio sociale, causato dai rincari, alla necessità di aumentare il tetto Isee da 12 a 20mila euro per ottenere il bonussociale in bolletta.

Ma Repubblica ha pensato bene di nascondere tutto questo in nome dell’assalto di un anno fa alla sede del sindacato. Non senza prima aggiungere un “Tornare in piazza è un dovere” alla parte del titolo di cui sopra. E poiché, come diceva Totò, è «la somma che fa il totale», significa che il giornale diretto da Maurizio Molinari ha deciso che Landini vuole scendere in piazza perché l’«assalto fascista» di un anno fa è rimasto «impunito», e non per protestare contro caro-vita e caro-bollette. Ma c’è poco da almanaccare. Ormai per Repubblica vale lo slogan del dentifricio reclamizzato tanti anni fa da Virna Lisi: «Con quella bocca può dire ciò che vuole».

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