E ora la parola passa a Mattarella: “Cosa farà, presidente?”. I tempi per le consultazioni

Da Palazzo Chigi al Quirinale. Ora che le urne hanno dato un’indicazione chiara sul fatto che per gli italiani Giorgia Meloni è colei che deve avere l’incarico di guidare il governo, gli sguardi di elettori e osservatori si spostano su Sergio Mattarella, che quell’incarico deve conferirlo. In teoria non ci sono dubbi, nella pratica serpeggia ancora il timore, per alcuni sembra quasi la speranza, che il Colle possa tentennare. Secondo un retroscena del Messaggero, al Quirinale comunque la linea è chiara: «Il capo dello Stato, se il centrodestra si presenterà alle consultazioni indicando il nome di Meloni e garantendo una salda maggioranza, incaricherà Meloni. Non farlo sarebbe una violazione della volontà popolare e della Costituzione», scrive Albero Gentili, citando «chi ha parlato con Mattarella».

Per arrivare al prossimo presidente del Consiglio ci vorrà un mesetto. Un tempo dettato dai passaggi tecnici istituzionali. Il 13 ottobre dovrà riunirsi il Parlamento, che in quella giornata o nella successiva dovrà eleggere i presidenti delle Camere. Una volta formati i gruppi, potranno partire le consultazioni, il cui inizio è stimato intorno al 20 ottobre. Si tratta, chiaramente, di un appuntamento cruciale e, come è stato fatto notare da più parti, doppiamente storico: la prima volta della destra e la prima volta di una donna verso Palazzo Chigi.

Per capire come questa svolta venga vissuta in certi ambienti, basterà riferirsi al retroscena di Ugo Magri su La Stampa: «Come si regolerà il garante della Costituzione quando dovrà conferire l’incarico? Punterà senza indugio sulla leader dei Fratelli d’Italia, che già si sente sulla sedia di Super Mario e, forte del 26 per cento, griderebbe allo scandalo se la scelta cadesse su nomi diversi dal suo? Altra domanda: il capo dello Stato si lascerà imporre la lista dei ministri o farà valere le proprie prerogative qualora gli venissero proposti nomi a vario titolo «impresentabili»? Come reagirebbe se questa destra estremista, arrembante, sicura di sétentasse di delegittimarlo? Più in generale: quale tipo di convivenza si annuncia tra i nuovi padroni del Parlamento e un Garante dotato di vasti poteri, che gode anch’egli di salda popolarità nel Paese?».

Anche Magri, però, non può fare a meno di ammettere, che il presidente della Repubblica, pur non facendo «sconti», non farà «sgambetti», che «tutto fa ritenere che pure stavolta userà lo stesso identico metro», quello per cui «ogni volta che s’è aggrumata una maggioranza, Mattarella ne ha preso atto quasi con sollievo». Così non resta che guardare al dopo, si direbbe sperando in qualche passo falso di Meloni perché «l’unica vera certezza è che, con l’Italia sbilanciata a destra, Mattarella farà Mattarella. Resterà il personaggio che abbiamo imparato a conoscere da otto anni a questa parte. Rigido, anzi intrattabile quando sono in gioco questioni non negoziabili come la collocazione occidentale dell’Italia, il suo ancoraggio europeo, il rispetto dei valori costituzionalmente garantiti».

«Per danzare bisogna essere in due; dunque il futuro dipenderà dallapostura della Meloni, dal grado di rispetto che mostrerà verso gli organi di garanzia, da come Giorgia si rapporterà alle istituzioni, se abbagliata dal successo tenterà la grande spallata, una rottamazione mai osata finora», scrive ancora Magri, domandandosi se «al governo andrà una leader conservatrice però rispettosa dei valori repubblicani, legata all’Occidente e ancorata in Europa, oppure una maggioranza sovranista, anti-Ue e magari un po’ putinista?». Insomma, in sintesi la domanda sembra essere: Meloni continuerà a fare Meloni o incarnerà la fasulla narrazione insieme allarmante e consolatoria che ne fa la sinistra, per altro spostando l’inquadratura da lei alla maggioranza? Secondo Magri, ci sarebbe un qualche «alto loco» in cui i dubbi, così chiaramente sciolti dai cittadini, «non hanno avuto risposta».

Si concentrano, invece, di nuovo sul Colle gli interrogativi posti da La Verità, dove Mario Giordanosottolinea, non senza qualche asprezza, che i predecessori di Mattarella «hanno spesso lasciato dietro di sé il dubbio di non agire da arbitri, ma da giocatori, di non essere al sopra ma dentro una delle parti. E lei, ci spiace dirlo, non è stato da meno». Così, in quella che risulta come una lettera aperta, Giordano chiede al presidente della Repubblica «che cosa dirà? Che cosa dirà di fronte a quel 43 %circa di italiani che (almeno stando ai primi exit poll) hanno scelto il centrodestra?Rispetterà la loro volontà? Rispetterà quello che ha deciso il popolo, anche se sicuramente non le piace? Difenderà la democrazia? O comincerà a remare contro? A mettersi di mezzo? A fare di tutto per dare attuazione non ai desideri dei suoi concittadini, ma a quelli dei palazzi di Bruxelles o altrove?».

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