Come arde! Tabacci sembra una prostituta prestata alla politica: “Se il Pd si riorganizza, io ci sono”. Molla pure Giggino in tempi record e bussa ai dem

Poverino, come s’offre! No, non centra la réclame del famoso callifugo. Lì il “soffre” era senz’apostrofo, terza voce del verbo soffrire. Qui, invece, l’apostrofo c’è anche se somiglia di più a quello di un genitivo sassone, quasi a dire “regia di Bruno Tabacci“. Sì, perché è di lui, il democristiano immarcescibile, che stiamo parlando. A dar retta a Libero (ma non c’è motivo di dubitarne) pare sia in procinto di abbandonare Impegno Civico per approdare al Pd.

Non stupisce: a restare nella sigla co-fondata con Luigi Di Maio rischierebbe seriamente di morire di solitudine, visto che ne è l’unico eletto, mentre in compagnia di Letta e compagni non si ammalerebbe certo di noia. È stato lui stesso a dare il lieto annuncio dalle colonne di Repubblica: «Se i dem si ricostruiscono, io ci sono». Come s’offre, appunto. E Giggino? Mollato al suo destino come una vecchia ciabatta. Tabacci non ne ha avuto certo misericordia. Avrà pensato (giustamente) che a parti invertite sarebbe toccata a lui la parte del sedotto e abbandonato.

E ora eccolo proporsi ad un Pd sventrato da una crisi d’identitàsenza precedenti, pronto a dare il proprio contributo di voltagabbana di lungo corso. Lo diciamo senza alcun intento denigratorio, ma solo a mo’ di didascalia sotto un percorso politico più simile ad uno slalom che ai 3mila siepi. Tabacci non se ne avrà a male. Dopotutto è così che si tiene a galla: ora di qua, ora di là. Dice “sto al centro“, e in realtà sta in mezzo: sempre e comunque. Dev’essere questa ubiquità di fondo a convincere Di Maio a diventare suo compagno di merende, salvo poi farlo ritrovare senza companatico la notte dello spoglio elettorale. Povero Giggino, come soffre (ora sì senz’apostrofo): voleva diventare come il suo seduttore. Ma, si sa, Tabacci si nasce, non ci si inventa

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