Daniele su Luca Palamara radiato: “Quanto accaduto all’ex pm illumina, se dici la verità, anche se dopo aver mangiato di quel pane, in Italia finisci male”

By Gaetano Daniele

Non vedo l’ora di vedere l’ex Pm Luca Palamara, candidato in politica. E perché no, con uno slogan che cita: il marcio si combatte da dentro. L’ex Pm, nonostante abbia mangiato di quel pane-sistema, l’ha poi denunciato. Diamoci almeno questo merito. Ormai Luca Palamara è più famoso di Ruby ruba cuori, a giorni alterni i giornali e le televisioni si occupano di lui senza spiegare però correttamente i motivi che lo hanno portato ai disonori della cronaca.

Personalmente non lo conosco, ma a più riprese ho riportato la cronaca che lo vide coinvolto nel pandemonio che tutti sappiamo.. Quindi, se parlo di lui nessuno può dire che mi faccia velo l’amicizia. Ma nonostante non lo veda di buon occhio, solo perché se vuoi passare per Padre Pio, certi sistemi e certe lobby le denunci subito e non dopo essere stato trombato da quel sistema di cui eri a capo. La sua vicenda, in base alla quale è stato radiato dall’Ordine giudiziario, mi ha sempre incuriosito per un semplice motivo: leggendo le sue requisitorie contro la categoria dei magistrati, ho capito che inverosimilmente la ragione sta dalla sua parte. 

Egli, non ultimo in furbizie, non ha raccontato una fiaba bensì si è limitato a citare dei fatti verosimili alla luce di quello che è accaduto nella casta togata, Non me ne vogliano le toghe colluse. Sono sempre in tempo a deporre la toga al chiodo. Anche perché il cui comportamento in linea di massima è valutabile da chiunque abbia gli occhi non dico aperti, ma socchiusi.

Naturalmente evito con cura di entrare nei dettagli del polpettone di notizie riguardanti le prodezze, si fa per dire, degli amministratori della giustizia e specialmente dell’ingiustizia. In qualità di informatore mi occupai spesso di inchieste e processi. Ne ricordo uno emblematico, quello relativo al povero Enzo Tortora. Per 4 uscite consecutive riportammo memorie in prima pagina. Anche se non capivo un cazzo di quello che era accaduto. Ma al sol pensare o peggio associare il nome di Enzo Tortora ai cutoliani in quanto corriere di cocaina mi faceva accapponare la pelle. Povero Tortora. Pace all’anima sua. Finito nel tritacarne di un Pm che non pagò neanche un fiorino per le sue atrocità.

In sintesi un groviglio di pentiti si affannava a lanciare accuse verso il famoso presentatore televisivo. Si discuteva soprattutto di droga. Sennonché il pm si era basato sulle dichiarazioni di un pentito di nome Melluso che, secomdo il racconto famrasioso avrebbe consegnato a Tortora, in piazzale Loreto, una scatola zeppa di cocaina. Ma quando un giornalista d’inchiesta addetto di controllare i fascicoli per verificare dove si trovasse il pentito quel giorno. La risposta dopo un paio d’ore fu: era detenuto nel carcere di massima sicurezza di Campobasso. Provate a pensare che per il giornalista d’inchiesta bastò una telefonata per capire l’invenzione, a differenza del Pm che ritenne di arrestare il povero tortora senza verificare un cazzo. Povero Tortora, travolto da bugie enormi. La sentenza a suo carico fu comunque di colpevolezza, in primo grado: dieci anni di galera. Una follia che in secondo grado fu annullata con una piena assoluzione. Intanto però l’imputato era stato distrutto nell’animo e nel fisico e di lì a poco morì. Mi resi conto che i magistrati sono come i cronisti e i geometri: alcuni sono bravi, altri mica tanto. In seguito prestai attenzione a quanto accade nei tribunali e ho scoperto varie schifezze. Condanne insensate, assoluzioni tardive, pasticci giudiziari macroscopici. Tutti coloro i quali compiono un errore sul lavoro, tranvieri inclusi, pagano di tasca propria. Per i magistrati paga lo Stato, ovvio che essi se ne freghino di commettere sgarri. E qui torniamo a Palamara, che non sarà simpatico come Pulcinella, ma suppongo che dica la verità nel descrivere i meccanismi che regolano le carriere nel baraccone giudiziario. Un intrigo di amicizie e complicità sta alla base delle carriere, anche nei livelli più alti. Risultato: invece di radiare i furbetti della toga, hanno radiato chi li ha denunciati, cioè Palamara. È un caso tipicamente italiano. Se uno afferma la verità lo mandano a casa come un reietto. Dovrebbero premiarlo, ma siccome sono giudici a decidere lo castigano. Un bel referendum non fu mai approvato. Peccato. Ora ci pensa Palamara. Si candidata? Speriamo solo che questa volta compatta le ingiustizie da dentro, prima che venga sbattuto fuori. Perché dopo siamo tutti bravi….

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