Recovery Fund: Boldrini & Co ne sparano una dietro l’altra

Il veto di Ungheria e Polonia al bilancio Ue, che ha bloccato anche il Recovery Fund, ha offerto l’occasione alla sinistra italiana per dare l’ennesima prova di ipocrisia e incapacità di andare al cuore dei problemi. Tutta la questione per loro, infatti, si risolve nel consueto teatrino di attacchi a Giorgia Meloni Matteo Salvini, “rei” di essere “amici di Orban“. Ma la faccenda, in realtà, a leggerla con attenzione, è seria. È serissima. E, specie da parte di forze che – loro malgrado – si ritrovano al governo del Paese, meriterebbe un approccio un tantino più responsabile della solita propaganda insulsa guidata dalla solita Laura Boldrini.

Lo stop imposto da Ungheria e Polonia, infatti, oltre alle ripercussioni pratiche sui tempi del Recovery Fund, pone (almeno) due grandi questioni rispetto ai meccanismi stessi dell’Ue e del tanto atteso Fondo. La prima riguarda il potere di veto dei singoli Paesi, che oggi arriva dalle latitudini di Visegrad, ma che domani – come già diversi osservatori notano – potrebbe facilmente arrivare dal profondo Nord rigorista. Vale a dire da Paesi come Olanda, Danimarca, Svezia e Finlandia che fin dall’inizio non è che abbiano visto proprio di buon occhio il Recovery.

La seconda questione riguarda il meccanismo di ricatto collegato al Recovery Fund, che ha scatenato la ribellione di Ungheria e Polonia. La clausola dello “stato di diritto”, infatti, ha tutto il sapore di un ulteriore grimaldello per consentire all’Ue di entrare ancora di più a gamba tesa nei fatti interni dei vari Stati membri che, fino a prova contraria, dovrebbero ancora essere Stati sovrani.

Di queste e altre riflessioni piuttosto semplici, però, nelle parole delle anime illuminate della sinistra nostrana non pare esserci eco. C’è, invece, e prepotente, l’eco delle ritrite grida ideologiche, propagandistiche, strumentali. Per Laura Boldrini, per esempio, “i governi di Ungheria e Polonia non vogliono rispettare le regole democratiche dello Stato di diritto”. “È semplicemente inaccettabile. Ma questo è, semplicemente, il volto dei sovranisti in Europa, amici – è il livello di elaborazione offerto dalla Boldrini – di Salvini e Meloni”.

Per il capogruppo di Leu, Federico Fornato, poi, “questo è il prezzo che si paga a un sovranismo straccione e smemorato“. E, ancora, per l’intero gruppo alla Camera del M5S, che almeno si ritrova finalmente unito su qualcosa, la cosa importante in questo frangente è “non dimenticare i reciproci complimenti” tra Meloni e Orban.

Non stupisce dunque che, di fronte a tale livello di cultura politica e responsabilità, il deputato di FdI, Andrea Delmastro abbia parlato di “spettacolo indecoroso”. Ma Delmastro non si è fermato a questo. Alla “canea ululante della sinistra italica” ha infatti ricordato che i diktat sullo “stato di diritto” oggi toccano a Orban, domani potrebbero toccare a chiunque altro. “Lo sanno che anche l’Italia non rispetterebbe lo stato di diritto per via dell’ergastolo ostativo ai mafiosi secondo l’Europa?”, ha chiesto quindi Delmastro. “Come si fa a plaudire ad un meccanismo usuraio che, anche di fronte a una pandemia, fa tintinnare il denaro, ma lo richiude nel cassetto, subordinandone l’erogazione alla sottoposizione ai diktat?”, ha chiesto ancora il deputato di FdI.

È stata poi la leghista Simona Baldassarre a soffermarsi sull’altra questione macroscopica evidenziata dal veto ungherese e polacco. “Ecco l’inganno del Recovery: basta il no di qualche Stato membro e il castello dei finanziamenti crolla. Oggi – ha sottolineato Baldassarre – l’hanno fatto loro, domani lo faranno i rigoristi, anche con l’Italia, se i suoi progetti non saranno graditi ideologicamente a Bruxelles”. “La sinistra – è stato quindi l’invito dell’eurodeputata – non addossi la colpa a Polonia e Ungheria, ‘Paesi sovranisti egoisti’, che non vogliono essere solidali con l’Europa vicina a chi soffre!”.

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