Nomine Pd nel pantano. Schlein balbetta e non scioglie i nodi

Tutto fermo, tutto rinviato. Il restyling del Pd dell’era Schlein stenta a prendere forma. La rivoluzione è rimandata in attesa dei nuovi organigrammi con le trattative lontane dall’obiettivo sperato. A cominciare dalla partita dei capigruppo di Camera e Senato, che dovrebbe chiudersi domani.

Alla prima riunione congiunta dei parlamentari dem (molti in presenza, alcuni collegati da remoto)  la segretaria non ha nulla di concreto da portare in dote. Parla di grande sfide, collegialità, dialogo. Tanta retorica delle grandi occasioni e l’inevitabile attacco ad alzo zero contro il governo. Ma tutti i nodi restano sul tappeto. “Ritenevo utile un primo momento di confronto sulla nuova fase. E sulle priorità dell’attività politica e parlamentare. Domani, invece, affronteremo la questione degli assetti”, ha detto in apertura di riunione.

Un rinvio obbligato visto che finora l’accordo con la minoranza interna non si trova. Gli sherpa del presidente Bonaccini, uscito sconfitto dalle primarie, continuano a lavorare ma il negoziato fino a ieri notte era ancora in alto mare. Bisognerà aspettare domani per conoscere i nomi dei nuovi presidenti. La proposta della segretaria è per Francesco Boccia e al Senato e Chiara Braga alla Camera. Ma il dado non è ancora tratto. In queste ore, secondo quanto riferiscono parlamentari dem, si sarebbe lavorato per sminare il terreno verso la gestione unitaria. Ma il rischio che gli scontenti si rifugino nella scheda bianca è ancora concreto. E non sarebbe proprio un buon inizio.

“Abbiamo nodi politici importanti davanti a noi, è innegabile”, ammette la nuova capitana del Nazareno. “Dobbiamo provare a scioglierli insieme salvaguardando tra noi la chiarezza. La collegialità è un punto dirimente”. Quindi il ringraziamento di rito ai traghettatori. Prima di riporli in naftalina. “Un ringraziamento forte a Letta, Serracchiani e Malpezzi che hanno retto in una fase di transizione lunga e complessa”, dice la vincitrice. Poi l’autoesaltazione per il nuovo corso, megafonato dalla stampa amica e dalla narrazione progressista, che plaude alla svolta radicale e alla saldatura con i 5Stelle. “Abbiamo visto cambiare il clima intorno al Pd in queste settimane. Nelle piazze e nell’opinione generale, viviamo una fase positiva testimoniata dalle 16000 tessere che sono arrivate in pochissimo tempo”.

Inevitabile l’accusa di cinismo a Palazzo Chigi per galvanizzare la platea. “Il governo piazza una bandierina ideologica al giorno. E intanto sferza un attacco senza precedenti ai diritti dei bambini e delle bambine”, tuona Schlein. Prima di intonare lo stanco ritornello sul presunto insuccesso europeo del premier. “Giorgia Meloni doveva chiedere una Mare Nostrum europea anziché dichiarare guerra alle Ong. È tornata da Bruxelles con un pugno di mosche”. Bocche cucite all’uscita. Solo il fedelissimo Speranza davanti alle telecamere dichiara “piena fiducia a Elly sulle scelte che farà”.

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