[L’intervista] La sberla del Prof. Marco Plutino a Matteo Renzi: “Fiducia a Bonafede? Il vero sconfitto è lui”

By Gaetano Daniele

Incontriamo il Prof. Marco Plutino, docente universitario presso l’Università degli Studi di Cassino. Al centro dell’intervista, la mozione di sfiducia al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Prof. Plutino, ieri al Senato erano in votazione due mozioni di sfiducia individuali presentate dalle opposizioni nei confronti del Ministro della Giustizia Bonafede. Sono state entrambe respinte e il ministro è rimasto al suo posto. In fondo non era scontato?

Le mozioni di sfiducia individuali sono strumenti molto particolari. Mettono in discussione un solo ministro ma un governo è insediato sulla base di un patto di coalizione di cui fa parte a pieno titolo anche il nome dei ministri, frutto di scelte interne ai partiti e funzionali a mantenere determinati equilibri.

Quindi non c’era speranza.

Non esattamente. Nell’unico caso in cui la mozione di sfiducia individuale ha avuto un seguito un ministro, Mancuso, faceva parte di un governo tecnico, di fatto fu scelto per un rapporto fiduciario con il Presidente del Consiglio e non aveva un partito alle spalle, ma per il suo comportamento – era anch’egli ministro della Giustizia [allora si chiamava di Grazia e Giustizia] – non fu difeso dall’interno del governo e dai partiti della maggioranza e la sfiducia passò. Sembra un caso eccezionale, se non irripetibile, ma l’insegnamento c’è.

E quale è?

E’ che l’opposizione può incunearsi nelle contraddizioni di una maggioranza e quel caso può riprodursi a certe condizioni anche in governo diretta emanazione di forze politiche.

E quali sarebbero queste condizioni?

E’ difficile elencarle. Ma si può notare ad esempio che il Movimento Cinque Stelle non ha certo le caratteristiche partitiche di un Partito Democratico o di una Lega. E’ fluido, non ha vere correnti, ha una leadership eterodiretta ma complessa, in parte indecifrabile. Ed è in caduta libera e quindi in profonda trasformazione di assetti e vive un clima interno esacerbato. Era formalmente retto da Di Maio, ora c’è Crimi, poi c’è il convitato Conte. E’ un partito dove si consumano faide.

Ma ha retto.

Ha retto nel dibattito dei giorni precedenti quanto nessun esponente del Movimento è uscito allo scoperto ma è significativo che è dovuto intervenire il PD per bocca del capogruppo Delrio a blindare il ministro con dichiarazioni il giorno precedente al voto. Un aiuto esterno. Il Partito Democratico sta giocando un ruolo determinante negli equilibri di governo.

Altrimenti sarebbe passata?

Difficile dirlo, perchè la mozione di sfiducia comporta l’obbligo di dimissioni del ministro e quindi muta formalmente la composizione del governo senza determinare una crisi, ma introduce una novità in alternativa ad un rimpasto di governo. Quando il PD ha affermato che ne sarebbe conseguito automaticamente la fine dell’esperienza di governo e quindi, ulteriore passo non strettamente logico, le elezioni, ha dato un contributo forse determinante.

Forse è il momento di parlare del convitato Renzi. Chi avrebbe potuto far cadere il ministro se non lui?

Infatti le attese si erano concentrate su di lui, alimentate dall’interno stesso di Italia Viva. Il ministro per la verità è stato criticato con durezza anche dal Partito Democratico ma il voto di questo partito non è mai stato in dubbio.

Renzi ha fatto bubbù, ha detto Grillo.

Era molto difficile che Renzi trovasse il coraggio, o per qualcuno l’irresponsabilità, a seconda dei punti di vista, di far cadere il governo ma quello che è accaduto è paradossale. La mozione di sfiducia non è esattamente un atto neutro, se proposto con tempismo e accortezza per un ministro che davvero ha fatto male. Una democrazia è pur sempre basata sul ruolo dell’opinione pubblica.

Ma non passa perchè alla fine contano i voti in parlamento.

Forse non passa ma conta. Non lo so se è uno strumento inutile e dannoso. Innanzitutto innesca un dibattito pubblico e parlamentare sull’operato di un ministro, e poi esiste un costo per la tenuta del governo. Una mozione di sfiducia individuale, comunque vada, se ben proposta, innesca un cambiamento.

Il presunto vantaggio di Renzi

Lei parla di vantaggi materiali. Vedremo se Renzi avrà la presidenza di una commissione o un vice-ministro o niente, ma parlavo anche d’altro. Quando si presenta una mozione di sfiducia su un ministro maldestro si potrà anche respingerla ma i partiti della maggioranza diversi da quello del ministro vanno in difficoltà davanti all’elettorato e ai propri militanti. Perchè muovono critiche apertamente, critiche anche molto severe, ma non possono affondare. Il tutto in una occasione solenne, mica con una intervista.

Ieri Bonafede è sembrato particolarmente ringalluzzito, se non arrogante.

Ho avuto la stessa impressione. Perchè sapeva che l’esito era scontato e quindi ha rincarato la dose anzichè mantenere un profilo basso. Renzi a mio avviso ne è uscito umiliato. E la ragione, anche se so che molti la pensano diversamente, è che la sua mancata sfiducia era ampiamente annunciata, forse anche oggetto di accordi con il Presidente del Consiglio. Si è determinato pertanto un dibattito grottesco. Il ministro ha parlato col petto gonfio. Renzi e perfino il PD che lo hanno criticato aspramente, perchè non potevano fare diversamente parlando del resto anche al paese e ai propri elettori, ma poi la mozione non è passata. Bonfede ne è uscito rafforzato, i partner di governo ammaccati. Ma il danno di immagine del Partito Democratico è poca cosa. Il PD è un organismo complesso che assorbe molto, perchè anche gli italiani più diffidenti sanno che è un partito centrale nell’equilibrio del paese. E’ un partito cede molto alla tattica (o responsabile, se si vuole) perchè è il principale referente dell’Europa e non può andare per il sottile, tutela più alti equilibri e può permettersi il rischio dell’irrisolutezza o dell’ipocrisia nel singolo momento. Sembra sempre che abbia una strategia, nella peggiore delle ipotesi è l’europeismo. Renzi no, è lui il vero sconfitto. Renzi è il riformismo che all’occorrenza assume anche posizioni molto critiche verso l’Europa. E’ costretto ad apparire come il riformista, come anche il garantista, per eccellenza.

In realtà si è presentato come un vincitore.

Al di là dei presunti vantaggi la questione è semplice. Il suo partito non decolla. La sua ditta bene o male è associata con il coraggio e il decisionismo, Renzi ci ha costruito una retorica, forse smentita almeno in parte dai fatti, ma che gli italiani conoscono bene. Renzi ha davanti a sé un orizzonte medio, la legislatura, nel quale ha un certo potere grazie ad imponenti gruppi parlamentari e ha questo tempo per costruire il suo futuro politico, molto incerto, a partire perfino dalle opportunità offerte dalla legge elettorale. E’ in grande difficoltà.

Quindi secondo lei ha sbagliato?

Non dico questo, le valutazioni erano tante e complesse. Dico che se mantieni un profilo netto e riformista e poi devi fare considerazioni più responsabili o più tattiche si trovi in impasse. Del resto i sondaggi sono quel che sono, forse Renzi avrebbe più bisogno di colpi d’ala per creare un rapporto con l’opinione pubblica, il tatticismo non lo aiuta. Soffre anche il pungolo di Calenda, ieri particolarmente duro. Azione quasi non esiste in parlamento, ma sul dibattito pubblico dà filo da torcere a Renzi.

L’iniziativa delle opposizioni ha danneggiato lui.

Forse non solo. Non sono mai cose neutre. Bonafede ne è uscito formalmente rinforzato ma è stato esposto a critiche severe. Il PD non è che abbia fatto una grande figura perchè parlare di merito e di competenza e poi lasciare al suo posto Bonfede per il bene del Paese, un bene più grande, si intende, non è che sia proprio il massimo. Anche Conte non è che sia uscito rafforzato, dal suo profilo basso e forse dalle concessioni. Quando un ministro fa male, bisognerebbe trovare il modo per liberarsene nell’interesse di tutti, anche del suo partito.

Ma i Cinque Stelle non sono in condizione di prendere simili decisioni.

Beh dopo ieri proprio no. Però si potrebbe censurare l’operato del ministro, in modo diverso. Ho proposto che gli stessi partiti della maggioranza che hanno astrattamente criticato l’operato del ministro, ma senza sfiduciarlo, promuovano un dibattito più libero perchè slegato da conseguenze giuridiche, proponente una semplice mozione politica, una mozione di censura, l’ho definita: dibattito e voto. Nessuna conseguenza giuridica. L’eventuale seguito è politico. Può sembrare una proposta strana perchè il dibattito c’è stato, ma bisogna tener conto che il dibattito non è stato del tutto libero libero perchè costretto dall’esito, che nulla c’entrava con l’operato di Bonafede. Per la Costituzione i ministri hanno una responsabilità anche individuale per gli atti del proprio dicastero. Ma se confermi a prescindere il ministro in nome della tenuta del governo anche la critica sull’attività individuale non può eccedere senza apparire totalmente schizofrenici. Renzi per mesi è stato piuttosto scatenato, un giornale a lui vicino il Riformista si è distinto, giustamente da un punto di vista garantistico. Allora la via che indico, facilissima da intraprendere, ti consente di produrre un dibattito libero e una pressione politica. Un movimento di opinione, una valutazione di partito slegata dal futuro del governo, un sussulto di dignità del ministro. Se dovessi giudicare quello che è accaduto ieri vedo davanti all’opinione pubblica un chiaro vincitore, Bonafede, e chiaro uno sconfitto. Indovini chi.  

Pubblicato da edizioni24

Pubblicato da ith24.it - Per Info e segnalazioni: [email protected]

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.