L’avanzata dei talebani, da nord a sud, è inarrestabile, ma le invasioni non sono sempre conquiste

L’avanzata talebana continua inesorabile. Oggi, dopo la notizia della caduta di Ghazni, è arrivata anche la prima conferma della presa di Herat, antica base delle forze italiane in Afghanistan. Le truppe regolari si ritirano da altri presidi del governo. E i talebani, che hanno intensificato l’assedio di Kandahar, ora possono pensare di dare la vera grande spallata al potere centrale.L’allarme per la prossima conquista di Kabul non è solo uno scenario da incubo che circola tra i corridoi di Pentagono e Cia.

È difficile dire cosa stia succedendo davvero in Afghanistan. E la domanda che molti si pongono, dagli osservatori ai lettori, è come sia possibile un’avanzata così decisa da parte dei talebani. Vero che la loro forza, in questi anni, è sempre stata presente e non è mai stata sradicata. Ma è altrettanto vero che in questi anni migliaia di uomini di tutte le forze internazionali hanno combattuto e poi addestrato altre centinaia di migliaia di unità dell’esercito regolare.

Le forze di sicurezza afghane dovevano essere in grado di arrestare una conquista così profonda e rapida da parte dell’”orda talebana”. Invece quello che sembra ormai evidente è che vi sia stata quasi una resa senza condizione da parte di molte unità.

Gli esperti si dividono. Molti considerano questo susseguirsi di vittorie tattiche dei talebani una lunga serie di episodi importanti ma che potrebbe non tradursi in una vittoria strategica. Altri ritengono probabile una controffensiva di Kabul che arresti l’ascesa dei ribelli. Altri ancora invece considerano ormai certa una vittoria delle milizie, in attesa che il governo centrale non si arrenda all’evidenza e ponga fine al conflitto dichiarando un accordo di pace con i nemici. Mercoledì, il presidente afghano Ashraf Ghani è andato a Mazar-i-Sharif, la quarta città del Paese, per provare a trovare un accordo con i signori della guerra. Ma l’impressione è che le tre settimane che mancano al ritiro delle truppe statunitensi saranno il periodo di fuoco di questa corsa verso Kabul da parte delle milizie talebane.

Il problema nasce soprattutto dalla comprensione reale dei numeri sul campo. Come spiegato dal Los Angeles Times, sulla carta sembrerebbe impossibile paragonare la quantità di truppe talebane rispetto a quelle delle forze di difesa e sicurezza afghane. Secondo l’ispettorato per la ricostruzione dell’Afghanistan, organo legato all’amministrazione Usa, i soldati afghani sarebbero circa 300mila. Un numero decisamente superiore rispetto alle milizie avversarie, che conterebbero su una forza di 75mila uomini.

Ma questi numeri esisterebbero solo sulla carta. Tra corruzione, numeri falsificati, affinità ideologica con gli assedianti e timori di rappresaglie, gran parte dei poliziotti e delle forze di sicurezza ha dimostrato praticamente di non esistere, o di essere facilmente pronta alla resa. Lo hanno dimostrato anche le prime ore dopo l’inizio delle procedure di ritiro americano: centinaia di soldati si ritirarono davanti ai talebani addirittura oltrepassando il confine con il Tagikistan.

Numeri “ombra” che devono poi anche far riflettere sulle effettiva capacità in combattimento. I talebani conoscono a memoria il territorio, sono esperti in tattiche di guerriglia. Hanno scelto di controllare valichi di frontiera, autostrade e zone rurali proprio per circondare e isolare truppe già demoralizzate e scarsamente equipaggiate o forze di polizia che aspettavano rifornimenti o soccorsi. La loro invasione è stata soprattutto un’avanzata logistica, supportata da una conoscenza del territorio che ha permesso a questa sorta di “orda” di evitare scontri e di colpire uno a uno i centri che interessavano e dove sapevano di poter entrare una volta chiuso l’assedio.

Andrew Watkins, uno dei massimi esperti di Afghanistan e analista per l’International Crisis Group, ha spiegato a Vox che questa condizione di apparente strapotere talebano non è nemmeno collegabile direttamente al ritiro Usa. L’impatto sarebbe stato più psicologico che tattico, dal momento che quel contingente non avrebbe mai potuto controllare l’Afghanistan. Tante città e villaggi conquistati in queste ore non erano controllare dalle truppe statunitensi né queste monitoravano il territorio vicino. Il problema è che Washington, anche per rispettare gli accordi, ha cessato in questi mesi di colpire le forze talebane, creando le premesse per un rafforzamento numerico e non dando l’impressione che la guerra fosse imminente.

Uno stato di calma apparente cui si aggiunge la capacità talebana di penetrare nel territorio, radicarsi, fare informazione (e quindi disinformazione) e colpire un esercito e cittadini locali allo sbando, spesso terrorizzati e sottopagati e scarsamente fedeli a Kabul. In questo senso, non va ad esempio sottovalutato il fatto che le prime immagini della conquista delle città non sono correlati né da terrificanti scene di sangue, né da combattimenti cruenti o da vere manifestazioni di forza con occupazione delle strade e colonne di macchine e uomini armati. I talebani entrano a volte in città con poche decine di uomini, ma tanto basta per prendere città deserte o comunque ben poco legate alla presidenza dell’Afghanistan. Solo in alcune aree i combattimenti sono molto duri e le forze di sicurezza resistono stranamente all’assedio. In altri villaggi, tutto sembra avvenire con un grande ritiro dell’esercito regolare.

Esiste poi, collegato a questo punto, un problema di natura “propagandistica”. I talebani non sempre conquistano tutto il territorio di una provincia, ma spesso entrano in città dove non c’è più un controllo dello Stato o non c’è mai stato. Queste milizie invadono luoghi in cui il potere dello Stato centrale è solo formale, in cui l’Afghanistan non è rappresentato da un governo nazionale. La conquista sulla carta non equivale così a un vero e proprio passaggio di consegne. Ed è il motivo per cui molti osservatori credono che la resa di Kabul non sia così imminente né che questo sia davvero l’obiettivo dei Taliban. Attualmente queste forze hanno conquistato province in cui il loro controllo era già preventivabile o comunque prevedibile. Diverso sarebbe invece assediare città dove regnano i signori della guerra o dove il governo centrale ha un potere effettivo.

Pubblicato da edizioni24

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