La lezione di ipocrisia del Papa in tv: parla di guerre, migranti, dolore: sembra la solita retorica, ma noi crediamo alle parole… E non ai padroni di casa!

Il Papa da Fazio parla per la prima volta in tv di guerre, migranti, sofferenza. E frena la tentazione retorica e la condiscendenza al buonismo di Fazio rispondendo alle domande in punta di teologia… «Dobbiamo pensare alla politica migratoria» e l’Europa deve farlo insieme, e non lasciare che l’onere ricada solo su alcuni Paesi come «l’Italia e la Spagna». Lo ha detto chiaramente, una volta per tutte, Papa Bergoglio ospite da Fazio a Che tempo che fa rilasciando, per la prima volta, un’intervista concessa in diretta a una televisione. Un punto chiave della conversazione tv, quello sulla politica migratoria, che il Santo Padre ha affrontato con chiarezza e fervore. E che, soprattutto, sin dalla prima battuta ha trattato in chiave teologica, in punta di dottrina. Senza concedere una parola, una semplice inflessione, all’interpretazione minimalista e buonista che, come da prassi, il conduttore avrebbe prediletto per l’abusato tema dell’accoglienza che la sinistra è solita decodificare e rilanciare ideologizzandolo strumentalmente.

E allora, «l’Unione europea deve mettersi d’accordo», replica il Pontefice rispondendo alle domande di Fabio Fazio su Raitre. E soffermandosi sulla imprescindibilità di una risposta comune a un dramma che riguarda e che dovrebbe coinvolgere tutti. Tanto da arrivare a dire: «Ogni Paese deve dire quanti migranti può accogliere. È un problema di politica interna che va valutato bene. C’è l’Unione Europea», ribadisce il Pontefice: e bisogna «accordarsi e raggiungere un equilibrio in comunione».

Nessuna banalizzazione, niente retorica. Anzi, parlando di migranti il Santo Padre ammonisce e rilancia andando anche oltre il tema dell’accoglienza, asserendo: «Ora c’è un’ingiustizia: vengono in Spagna e in Italia, i due Paesi più vicini. Altrove non li ricevono. Ma il migrante va sempre accolto. Accompagnato. Promosso e integrato nella società. Quest’ultimo passaggio è molto importante», spiega Bergoglio. Che poi prosegue: «Dobbiamo pensare la politica migratoria in modo intelligente, a una politica continentale. È una responsabilità nostra. Il fatto che il Mediterraneo sia il cimitero più grande d’Europa deve farci pensare».

E invece, incalza Bergoglio, «oggi si pensa solo alla guerra. Oggi la guerra è più importante di qualunque cosa». Qualunque connotazione assuma rileva il Santo Padre: «Ideologica, di potere, commerciale». E ancora: «Quello che conta è la guerra, che altro non è che un controsenso della creazione. Perché è sempre distruzione. Lavorare la terra, creare una famiglia, far crescere la società significa costruire. Fare la guerra è una meccanica devastazione».

Temi cosmici su cui il Pontefice invita a riflettere. Pensare ma non indulgere o, peggio ancora, forzare la mano. E lo dice chiaro e tondo Papa Francesco quando, in risposta alla prima domanda che il suo intervistatore gli rivolge, sulla sofferenza – «Come riesce ad abbracciare tutti e a sopportare un peso così grande?» – afferma: «La domanda è un po’ forzata. Tanta gente sopporta cose  brutte, quotidiane. Tanta gente nella propria debolezza sopporta difficoltà familiari, economiche. Padri di famiglia che vedono che il salario a fine mese non arriva. E con la pandemia di troppo…», sottolinea il Pontefice.

Aggiungendo significativamente in calce: «Non sarei onesto se dicessi che sopporto tanto. Io sopporto come tutta la gente sopporta. E poi non sono solo. C’è tanta gente che mi aiuta: i vescovi. Gli impiegati accanto a me. Uomini e brave donne. Dico la verità, non sono un campione di peso che sopporta le cose. Sopporto come sopporta la maggioranza della gente»… La sofferenza, un tema universale che, ancora una volta, Papa Francesco affronta e spiega in chiave teologica, rifuggendo in tentativi del conduttore di buttarla sulla retorica buonista, anche dicendo: «Una domanda a cui non sono mai riuscito a rispondere è “perché soffrono i bambini?».

Un interrogativo a cui il Pontefice ammette di non trovare una spiegazione. E a cui prova a rispondere dichiarando: «Ho fede e cerco di amare Dio che è mio padre. Mi chiedo perché soffrono i bambini e non c’è risposta. Io trovo una sola strada: soffrire con loro. Dio è forte e onnipotente nell’amore. L’odio e la distruzione è nelle mani di un altro, che ha seminato male e invidia nel mondo», dice il Pontefice. Ma, ammonisce con fermezza Bergoglio, «con il male non si parla. Dialogare con il male è pericoloso. Un dialogo col male è una cosa brutta».

E a proposito di male: «Oggi – dice cambiando angolazione sul tema il Papa da Fazio – il male peggiore della Chiesa è la mondanità spirituale, che fa crescere il clericalismo, una perversione della Chiesa. Il clericalismo genera rigidità e sotto ogni tipo di rigidità c’è putredine, sempre. L’ideologia prende il posto del Vangelo». E strettamente connesso al male, il tema del perdono. Riguardo al quale il Pontefice rimarca: «Dio ci ha fatto liberi. La libertà può fare tanto bene e tanto male. In quanto liberi, siamo padroni delle nostre decisioni, anche sbagliate. Dirò qualcosa che potrebbe scandalizzare qualcuno ma è la verità, tutti noi abbiamo diritto di essere perdonati se chiediamo perdono. Noi dobbiamo dimenticarlo».

Il resto è colore. Il riferimento ad una canzone di Roberto Carlos. La recente visita a sorpresa del Papa a un negozio di dischi. Con la domanda di Fazio che sorge spontanea: «Che musica ascolta il Papa?». «Mi piacciono i classici, tanto. Anche il tango mi piace tanto». Ma allora, il Pontefice «ha mai ballato un tango?». La risposta è da manuale: «Un porteño che non balla il tango non è un porteño», replica Bergoglio riferendosi alla sua origine in una intervista che solo a tratti rivela l’uomo dietro il Papa. Protagonista assoluto di una intervista che il Santo Padre ha condotto dalla prima all’ultima parola.

Una conversazione televisiva che non è comparabile alla telefonata, per quanto straordinaria, che un riconoscente Papa Wojtyla fece in diretta al giornalista Bruno Vespa durante uno speciale di approfondimento del suo pontificato nel 1998. E neppure all’intervista che Papa Francesco ha concesso a Mediaset in vista del Natale del 2020: il primo nel pieno dell’emergenza pandemica, quando consegnò ai media, ancora una volta chiaro e tondo, il suo messaggioo globale Pro Vax. Uno dei primi segnali di cambiamento impresso da Bergoglioalla Chiesa e alla comunicazione della Chiesa. E che ieri Papa Francesco ospite da Fabio Fazio, ha rimarcato una volta di più.

Pubblicato da edizioni24

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