La giudice Apostolico testimone con la palla di vetro: così scagiona il figlio per telefono

«Siamo al linciaggio mediatico, ora basta». L’Anm difende a spada tratta Iolanda Apostolico, la giudice del tribunale di Catania che con la sua sentenza «svuota Cpr» ha demolito il decreto Cutro e vanificato gli sforzi del governo in materia di contrasto all’immigrazione clandestina. Sulla Apostolico ogni giorno si addensano nuove nubi. Non bastava la sua partecipazione – ripresa da un video, sui cui autori è ancora giallo – a una manifestazione contro i decreti sicurezza anti clandestini del primo governo di Giuseppe Conte nel 2018, nel corso della quale sono volati insulti contro le forze dell’ordine. Né la sua possibile vicinanza ideologica con Potere al popolo, per alcuni like su Facebook ai post rilanciati anche dal marito, dipendente dello stesso tribunale e dirigente del movimento di sinistra.

L’altro giorno si è scoperto che il 25 aprile dell’anno scorso il giudice è volata da Catania a Padova per testimoniare a favore del figlio 26enne Francesco Moffa, imputato (e poi assolto) insieme ad altri 13 no global per resistenza e violenza a pubblico ufficiale. La sua testimonianza de relato realizzata «in diretta telefonica» sarebbe stata decisiva per scagionare il figlio dall’accusa di aver dato un pugno allo scudo di una poliziotta durante una manifestazione dei centri sociali in risposta a un corteo antiabortista di Forza Nuova, il 29 marzo 2019 a Padova.

Ascoltata come teste dal giudice monocratico del tribunale di Padova, secondo i verbali diffusi ieri da Gazzettino, la Apostolico avrebbe detto di aver parlato con il figlio al telefono e che il ragazzo sarebbe estraneo alle accuse perché «non era in prima fila, lui era dietro, non so se in seconda o in terza», ma che anzi sarebbe lui stesso vittima delle manganellate, come dimostrerebbe un ematoma sulla gamba del ragazzo («poteva essere una manganellata sferrata dal basso oppure un calcio») e della carica violenta degli agenti, tanto che sui jeans macchiati del figlio c’era il sangue di un’amica «colpita dalla polizia».

Frasi che hanno scatenato le reazioni del mondo politico, ma non solo. «Alcuni agenti sono finiti all’ospedale, uno con la rottura dello scafoide e prognosi di 55 giorni», dicono i sindacati di polizia, che accusano il magistrato siciliano: «Così la piena convinzione della terzietà di un giudice legittimamente vacilla». Da giorni il centrodestra invoca vanamente le sue dimissioni e tira per la giacchetta il Guardasigilli Carlo Nordio e il Csm perché prendano provvedimenti, come ancora ieri pretende l’azzurro Maurizio Gasparri: «In che ruolo e per quali ragioni è andata a testimoniare? Farebbe bene a dimettersi». Sul video che la inchioda a una inopportuna partecipazione a una manifestazione dal sapore politico, la sinistra insiste: «Inaccettabile e arrogante il silenzio di Matteo Salvini sugli autori», dice il senatore Pd Filippo Sensi. «Il problema del video è quello che c’è, non da dove arrivi», insiste il vicepremier. «Chi chiede le dimissioni di un giudice a prescindere da qualsivoglia azione disciplinare è come quei magistrati che vogliono fare politica per via giudiziaria», ragiona su X Enrico Costa, deputato di Azione. Il rischio è che la Apostolico diventi un’eroina suo malgrado. «Molti magistrati moderati per reazione a questa affannosa ricerca di presunti scheletri nell’armadio (in questo caso sinceramente risibili) si avvicinano alla sinistra giudiziaria. Così si radicalizza lo scontro», osserva al Giornale un magistrato non certo di sinistra, che in parte condivide le critiche al provvedimento, non certo questo linciaggio mediatico di cui parla la stessa Anm catanese: «Il dibattito su una legislazione complessa è lecito, gli attacchi alla persona sono sconsiderati e indecorosi», dice il sindacato delle toghe, che sabato metterà il caso all’ordine del giorno del direttivo Anm. Ma a finire a manganellate è la residua credibilità delle toghe.

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