Il caso a Napoli, niente messa in latino. I fedeli a valanga contro il prete: “Ricorreremo al Papa”

Niente più Messa di Natalecelebrata in latino, come da oltre venti anni sono abituati ad ascoltare i fedeli della chiesa diSan Ferdinando di Palazzo, a Napoli. Don Lino Silvestri, il sacerdote nella cui “giurisdizione” rientra  la chiesa, di piazza Trieste e Trento, ha infatti comunicato che non intende più celebrare il rito. Così: punto e basta. A nulla sono valse finora le proteste dei fedeli legati alla celebrazione in latino, tra i quali figurano esponenti di antiche famiglie napoletane, docenti universitari, studenti ed imprenditori. Eppure uno spiraglio sembrava essersi aperto dopo che una loro lettera era arrivata sulla scrivania di monsignor Battaglia, arcivescovo di Napoli.

Vi si invocava l’applicazione dell’applicazione del Motu Proprio Tradittionis Custodes di Papa Francesco. Tale documento fa infatti salvo il diritto dei gruppi già esistenti a continuare a partecipare al rito in latino alla ripresa delle celebrazioni sospese per la pandemia. Monsignor Battaglia dà il proprio assenso e invita i richiedenti a designare un sacerdote per la cura spirituale del gruppo. E qui entra in gioco don Silvestri. È lui il prescelto. L’arcivescovado approva ma lui non dà seguito. I fedeli provano a contattarlo telefonicamente, e quando sentono la sua risposta ne restano sbigottiti. «Per voi non c’è più posto andate altrove», urla nel telefono.

Neanche ha voluto incontrarli. Eppure gli hanno chiesto di celebrare una Messa in latino, non un rito satanico. Un rifiuto “ideologico“. Tanto è vero che ha opposto un secco “no” anche alla richiesta di far celebrare un altro sacerdote al suo posto. «Una prepotenza poco cattolica», fanno notare dall’interno del gruppo. E che, per altro, nega un diritto acquisito da decenni. Sì, perché la messa in latino a San Ferdinando è tradizione antica e consolidata. In ogni caso, «don Silvestri non è il padrone della Chiesa». Ragion per cui è in preparazione una petizione pubblica da inviare all’Arcivescovo. Se non basterà, sarà Papa Bergoglio a dire l’ultima parola. In latino, osiamo sperare.

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