Giustizia, il ministro Nordio non ha dubbi: “La riforma non slitterà”

«Nessuno slittamento per la riforma ma la nostra priorità è la giustizia civile: la lentezza dei processi costa all’Italia più di due punti di Pil». È un Carlo Nordio risoluto, quello che a Forum Ambrosetti annuncia l’arrivo della riforma della giustizia, in parte già incardinata. Il Guardasigilli sa che il tempo dei proclami è finito, e a suo modo risponde a chi – frettolosamente – ha considerato già archiviata su un binario morto la riforma che dovrà separare le carriere di magistrati giudicanti e inquirenti. Nella tempistica della riforma della Giustizia «non c’è nessuno slittamento, il cronoprogramma è già stato approvato dal Consiglio dei ministri in una prima parte; ha comportato delle proposte sulle riforme del codice e diritto penale, come l’abolizione dell’abuso d’ufficio. Una seconda parte sarà presentata a breve forse in via urgenza. Ci sono poi – sottolinea sempre Nordio – altre riforme di carattere costituzionale come le carriere dei magistrati che esigono tempi più dilatati». Su uno dei cavalli di battaglia di Forza Italia manca ancora un testo, e nei giorni scorsi alcuni parlamentari azzurri non hanno mancato di segnalare la loro insoddisfazione al ministro. Che ieri ha risposto indirettamente anche a loro e all’Anm, contrarissima da sempre al provvedimento.

Dunque, chi si aspettava un ministro della Giustizia rassegnato si sbagliava. Certo, il bersaglio grosso è la separazione delle funzioni (e la conseguente modifica del Csm, che dovrebbe diventare duale), ma serve una riforma costituzionale che rischia di incrociarsi con quella sul premierato. C’è chi sostiene che i due iter siano inconciliabili, che chi dice invece che, facendole partire dai due rami del Parlamento in parallelo, si possa procedere con le due riforme all’unisono.

Sul fronte parlamentare, i numeri teoricamente ci sarebbero. Il Terzo polo a più riprese ha manifestato la sua disponibilità a sottoscrivere la riforma della giustizia, ma serve chiarezza. «Nordio ha annunciato per l’autunno un ddl governativo sulla separazione delle carriere. Finora non è stata scritta una riga, ma il Parlamento è stato cinque mesi fermo ad aspettare. Se un iter è più lungo è bene che parta subito, senza indugio», attacca Enrico Costa di Azione, che poi accusa il governo di aver sacrificato «la separazione delle carriere per il premierato».

Ma prima c’è il tema dell’abuso d’ufficio, su cui si rischia lo scontro con l’Europa. «Su cinquemila cause giudiziarie sulla fattispecie dell’abuso d’ufficio, solo 6 o 7 arrivano a una condanna che spesso è platonica e che non giustifica l’investimento di risorse fatto», insiste Nordio dal palco del workshop Ambrosetti a Cernobbio. «Pensate che tutti i sindaci, anche quelli del Pd – ha detto il Guardasigilli – sono venuti a chiederlo perché questa fattispecie di reato non conclude nulla ma provoca la paura della firma, perché chi firma ha paura di essere inquisito, non condannato perché la condanna non arriva mai. La Camera sul tema ha fatto audizioni – come ricorda anche l’azzurro Pietro Pittalis ed è pronta per presentare gli emendamenti. Domani in Commissione giustizia al Senato sfileranno il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, il presidente dell’Anci Antonio Decaro ed il presidente dei penalisti Giandomenico Caiazza.

La riforma della giustizia si intreccia anche con il Pnrr e con le richieste dell’Europa per lo smaltimento dell’arretrato, specie nelle cause civili. «La nostra è una direzione irreversibile che sta producendo i primi risultati ma è l’unico settore in cui siamo un po’ in ritardo», conclude Nordio, non prima di lanciare una frecciatina al suo predecessore, che con l’Europa ha concordato «questa specie di contratto», per usare le parole del Giardasigilli: «Non voglio fare polemica, ma pensare di eliminare il 90% degli arretrati delle cause civili è una sorta di Alice nel paese delle meraviglie». Ma la Cartabia non si chiama Marta?

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