Giustizia, Giuseppi fa il braccio di ferro con Draghi: “Senza modifiche è difficile votare la fiducia”

Due volte in poche ore da via Arenula a Palazzo Chigi. Il viavai tra ministero della Giustizia e sede del governo della guardasigilli Cartabia è l’indizio più palpabile della difficoltà della trattativa sulla riforma del processo penale. A ingombrare di ostacoli la strada è soprattutto l’esigenza di GiuseppeConte di impedire al ministro di ridurre a coriandoli la legge Bonafede e poi, forte di tale risultato, di essere incoronato online capo dei 5Stelle. Contro tale obiettivo congiura però la tempistica. Draghi è infatti intenzionato a far passare la sua riforma almeno in un ramo del Parlamento prima della pausa estiva. Il testo è ora incardinato presso la commissione Giustizia di Montecitorio. Venerdì arriverà in Aula, che lo voterà lunedì con il ricorso alla fiducia. L’incoronazione di Conte avverrebbe qualche giorno dopo.

È di tutta evidenza che un fiasco nella trattativa lo zavorrerebbe fino a consigliargli di accantonare ambizioni di leadership. Tanto più che gli ex-grilliniraggruppati sotto la sigla di Alternativa C’è sono in spasmodica attesa di un passo falso. È il motivo per cui Conte fa la spola tra le commissioni Giustizia di Camera e Senato. Il primo tempo della partita si gioca lì, soprattutto in quella di Montecitorio. L’obiettivo del governo è far votare il testo al massimo domani così da poter acquisire anche i pareri delle altre Commissionicompetenti. A questo punto ad arrivare in Aula sarebbe il ddl Cartabia. Diversamente, resterà la legge Bonafede con il suo insidioso carico di emendamenti e di voti segreti. Oggi Conte ha detto di «non prendere neanche in considerazione un “no“ a modifiche».

Significa – e lo ha dichiarato davanti ai deputati – che di approvare la riforma a testo immutato non se ne parla. Poi si barcamena e assicura: «Ce la sto mettendo tutta». L’ex-premier ha fissato l’asticella della mediazione puntando ad escludere dalla «improcedibilità» i reati di mafiaterrorismo e corruzione. In realtà, i primi due viaggiano già su corsie preferenziali e raramente si estinguono per prescrizione. Il problema, però è politico. L’eventuale “” di Draghi agli emendamenti grilliniautorizza implicitamente gli altri a presentarne.

Forza Italia (che oggi ha registrato la defezione dell’on. Giusi Bartolozzi) se n’è già visto bocciare uno in commissione finalizzato ad estendere l’ambito della riforma anche all’abuso d’ufficio. È una misura attesa in particolare dai sindaci. Pd, M5S e Leu l’hanno affossata con il pretesto che si sarebbero allungati i tempi della riforma. Singolare motivazione dal momento che a bloccarla sono i 961 emendamenti grillini. Il tempo stringe: un testo di mediazione o arriva domani o si andrà in Aula senza rete. E non è escluso che sia proprio questo l’obiettivo di Conte.

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