Germania, generali tedeschi spiati: perché Scholz può crollare

By Daniel Mosseri

Diskretion si capisce da sé. Datenschutz è una parola tedesca meno intuitiva e vuol dire «protezione dei dati». Diskretion e Datenschutz, il maiuscolo in tedesco è di rigore, sono parole ricorrenti nella vita del tedesco medio. Che si tratti di riempire un formulario dal medico o di condividere il proprio numero di telefono con un gruppo di genitori della scuola, la trafila è sempre quella: documenti da riempire, firme da apporre che non sia mai si divulghi un dato protetto in violazione della legge. L’attenzione, se non addirittura l’ossessione, perla riservatezza è tale che per rimanere in ambito scolastico solo alcuni genitori condividono il proprio numero di telefono e chi lo fa spesso non ha WhatsApp.

Insomma, nel paese che nel Novecento ha conosciuto due dittature di stampo politico opposto ma comunque occhiutissime e pervasive, i cittadini stanno bene attenti a non lasciare troppe tracce in giro. Sulla base di questa premessa ci sarebbe da aspettarsi che le autorità dello stato impegnate a scambiarsi dati sensibili siano parimenti attente a non farsi intercettare. Così non è o almeno così non è andata nei giorni scorsi. A mettere alla berlina uno scivolone dei tedeschi è stata Margarita Simonyan, direttrice di RT (già Russia Today), canale televisivo satellitare russo diffuso, parte di una rete finanziata dall’agenzia statale RIA Novosti. Voce semiufficiale del Cremlino – non a caso gli ucraini hanno bloccato le trasmissioni di RT sul loro territorio – la rete ha rivelato il contenuto di uno scambio fra alcuni generali della Bundeswehr impegnati a parlare del possibile invio dei missili da crociera Taurus con tecnologia Stealth all’Ucraina. Su Telegram, Simonyan ha postato un file audio da 38 minuti datato 19 febbraio i cui protagonisti sarebbero il numero uno dell’aeronautica militare tedesca Ingo Gerhartz e tre alti ufficiali dello stesso corpo.

Nel file si sentono i quattro parlare di quanti Taurus mandare a Kiev e anche di come questi missili con una gittata superiore ai 500 km potrebbero in teoria distruggere il ponte sullo stretto di Kerch che unisce la Russia alla penisola già ucraina di Crimea, annessa da Mosca nel 2014. Ciliegina sulla torta che è costata una convocazione «per chiarimenti» all’ambasciatore tedesco in Mosca, la clip contiene anche un riferimento diplomaticamente molto sensibile alla presenza di «poche truppe britanniche sul suolo ucraino». Un disastro nei rapporti già molto tesi fra la Russia e la Germania dovuta a una leggerezza: i quattro ufficiali tedeschi non avrebbero usato una linea protetta per il loro scambio avvalendosi invece di una piattaforma come Webex, ormai alla portata di tutti dai tempi del corona.

Sempre attento a non irritare troppo il Cremlino, Il cancelliere federale Olaf Scholz era stato il primo a respingere il piano del presidente francese Emmanuel Macron che una settimana fa non aveva escluso il dispiegamento di truppe di terra per fermare la guerra. «Non invierò alcun soldato dalla nostra Bundeswehr», aveva scandito Scholz. «Non vogliamo che la guerra della Russia contro l’Ucraina diventi una guerra tra Russia e Nato». A tirare le somme della figuraccia è toccato a Eva Högl, commissario parlamentare alla Difesa previsto dalla Legge fondamentale tedesca secondo cui è il Bundestag ad avere l’ultima parola in materia di sicurezza.

«In primo luogo, tutti i responsabili a tutti i livelli delle forze di difesa devono essere immediatamente addestrati nelle comunicazioni protette», ha affermato la parlamentare socialdemocratica rivolta al Funke Media Group. «In secondo luogo, deve essere garantito che la fornitura di informazioni e comunicazioni sicure e segrete possa essere fatta in modo stabile», ha aggiunto Högl. Il cambiamento è necessario, ha poi aggiunto invocando maggiori investimenti nella lotta allo spionaggio e al rafforzamento del servizio di controspionaggio militare (MAD). Basterà? Il timore è che i russi abbiano carpito anche altre informazioni sensibili. Ecco perché parlando da Roma nel fine settimana lo stesso Scholz ha parlato di «una questione molto seria». 

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