Non sono bastati i momenti di tensione vissuti dai torinesi martedì mattina quando le strade del centro hanno fatto da cornice a una scena che sembrava calata improvvisamente da un’epoca che speravamo definitivamente archiviata. L’epoca, cioè, dove l’ideologia diventava violenza e l’intolleranza sgombrava il campo dai residui di un pacifico confronto politico.
E a Torino martedì si è respirata quest’aria. Basta osservare la foto che riportiamo qui in pagina, pubblicata ieri sulla cronaca cittadina della Stampa. Una foto che ribalta la narrazione che la sinistra diffonde per dimostrare che è stata la polizia a manganellare. Il giorno dopo le violenze, che hanno lasciato sul campo quattro poliziotti feriti e sessanta fermi tra i dimostranti, l’opposizione prova infatti a speculare sull’esito di una manifestazione (tra l’altro non autorizzata) che chiedeva a gran voce di non far entrare la premier Giorgia Meloni a Torino. I respingimenti dei reparti mobili in assetto antisommossa sono diventati gratuite (e illegittime) «bastonate» ai danni di ragazzi. La stessa leader dei Dem, Elly Schlein, parla di «uso sproporzionato, illegittimo ed eccessivo della forza nei confronti di alcune centinaia di ragazzi», da parte delle forze dell’ordine.
E l’equazione che vuole la presunta violenza di Stato associata all’altrettanto presunta deriva autoritaria del primo governo guidato da un’esponente della destra italiana è scontata. Ed è ovviamente l’Anpi a proporla per voce del suo presidente. «C’è il pericolo di una torsione autoritaria, oscurantista, nazionalista, che in questa misura richiama alcuni capisaldi del fascismo? – si chiede Gianfranco Pagliarulo – La mia risposta è sì. La conferma è la sequela impressionante di provvedimenti sostanzialmente autoritari e repressivi del governo, ultime le cariche di Torino nei confronti degli studenti». «Mi sembra – aggiunge la stessa Schlein – che questo governo insista soprattutto sugli elementi repressivi». E intanto annuncia che verrà presentata un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, per spiegare le ragioni di quello che già hanno giudicato un comportamento (da parte delle forze dell’ordine) sopra le righe. «Il manganello c’è, ora vediamo l’olio di ricino», è lo slogan che pubblica su X il rettore dell’Università di Siena, Tomaso Montanari (lo stesso che si è rifiutato di far mettere la bandiera a mezz’asta in occasione della giornata di lutto nazionale per le esequie di Berlusconi).
L’idea dell’opposizione è di isolare le stesse forze dell’ordine. Anche Carlo Calenda si unisce al coro e sui social dice: «Quando lo Stato usa la forza su dei ragazzi che manifestano, vuol dire che lo Stato ha fallito. Punto».
Chi però era lì in piazza a difendere l’ordine ha un’opinione differente. «Oggi contiamo i soliti feriti fra i poliziotti, incolpevoli bersagli – scrive Pasquale Griesi, coordinatore nazionale reparti mobili (Fsp) in una lettera aperta pubblicata da Nicola Porro sul suo sito web -. Oggi padri di famiglia, cittadini, lavoratori, hanno ricevuto pugni, calci, sputi, insulti di ogni genere per aver adempiuto ad un atto d’ufficio. È questo quello su cui si dovrebbe riflettere, il resto è solo strumentalizzazione ipocrita».
Anche il prefetto di Torino Donato Giovanni Cafagna difende l’operato delle forze dell’ordine ricordando che «il diritto a manifestare è sacro, ma deve rispondere a regole», mentre il ministro della Difesa Guido Crosetto puntualizza che tra i manifestanti erano presenti non soltanto pacifici ragazzi ma anche «soggetti violenti» riconducibili agli ambienti No tav e dei centri sociali. Gli stessi che, secondo Augusta Montaruli, vice capogruppo a Montecitorio di FdI, «il Pd ha decisoora di sostenere».