Fontana denigrato da Speranza e Pd per il Covid trionfa anche nelle zone flagellate

Non sempre una narrazione di parte, fallace ed esageratamente violenta, riesce a scalfire il giudizio degli elettori. Ne sa qualcosa Attilio Fontana che, dopo essere stato accusato di ogni nefandezza nella gestione della pandemia, ora gongola dal suo ufficio al Pirellone. La rivincita si materializza nel risultato elettorale generale, certo. Ma trova conferma anche in due dettagli non indifferenti. Il primo riguarda gli avversari: Fabrizio Pregliasco, il virologo di Majorino che voleva ribaltare «l’intero sistema sanitario regionale», è stato trombato al voto. Il secondo arriva invece da quella Val Seriana flagellata dalla prima ondata e che secondo alcuni avrebbe dovuto trasformarsi in una Caporetto: a dispetto di tutti i pronostici, a Codogno, Nembro e Alzano Lombardo, lì dove la narrativa lo voleva responsabile di un massacro, Fontana ha migliorato il proprio risultato rispetto al 2018.

Non sono dunque serviti a nulla i copiosi sforzi di delegittimazione. Non è servita la campagna «abbraccia un cinese» contro inesistenti discriminazioni. Non è servito mangiare involtini primavera in tv, brindare sui Navigli o deridere il governatore per quella mascherina indossata in diretta. Non ha aiutato neppure pompare scandali lì dove non c’erano. Ricordate? Il Pio Albergo Trivulzio ha occupato le cronache per settimane tra accuse di aver mandato infetti tra gli anziani e omissioni varie. Hai voglia a dire che qualcosa di simile s’era visto un po’ ovunque, causa emergenza, e che la direttiva chiedeva «luoghi separati» per degenti Rsa e pazienti Covid: la giunta è stata accusata di strage con tale insistenza che sui muri di Milano apparvero le scritte «Fontana assassino». Benzina sul fuoco. Ma alla fine le «certezze» granitiche dei vari Gad Lerner sono state ridimensionate sia da una commissione sia della procura, che ha chiesto l’archiviazione. Così come nel nulla è finito l’altro procedimento protagonista di ore di trasmissioni tv, quello sul «caso camici», conclusosi con un proscioglimento.

Se proprio dobbiamo restare alla cronaca giudiziaria, resta ancora da capire cosa deciderà la procura di Bergamo in merito alla mancata zona rossa in Val Seriana. Era compito di Roma o del Pirellone disporla? L’indagine è ancora in corso, benché i fari dei pm siano puntati su Conte, ma quel che è certo è che i territori non hanno addossato la colpa al governatore. I dati certificano che nei Comuni simbolo della prima ondata non solo Fontana ha ottenuto una maggioranza schiacciante, ma ha pure migliorato la performance di cinque anni fa ad Albino (+5%), Alzano Lombardo (+1,9%), Castiglione d’Adda (+8,8%), Codogno (+4,4), Nembro (+3,7), San Fiorano (+9,4) e Selvino (+4,5%). Sintomo che alla fine gli elettori non si sono fatti abbagliare dalla narrativa dominante.

Dal 2020 in poi, infatti, la Lombardia ha conosciuto un bombardamento mediatico mai visto prima. Ogni atto della Regione era sempre troppo o troppo poco. L’ospedale in Fiera? «Soldi sprecati», dicevano, e poi ha permesso di curare 530 malati gravi. La campagna vaccinale? «Troppo lenta», ma poi è risultata essere tra le migliori in Europa. La sanità regionale? «Gestione territoriale pessima, liste di attesa infinite, disastri». Si può fare di meglio? Certo. Ma come ammesso ieri su Repubblica anche da Marco Bentivogli, magari il sistema lombardo non sarà perfetto «ma è indubbio che è più facile che dal Lazio ci si vada a curare in Lombardia che non viceversa». Qualcosa vorrà pur dire.

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