Ecco il popolo di Oriana che crede nell’identità: È il giorno dell’orgoglio. È l’ora che sarebbe piaciuta a Oriana Fallaci

By Stefano Zurlo (Il Giornale)

È il giorno dell’orgoglio. È l’ora che sarebbe piaciuta a Oriana Fallaci. Ma non ci sono vessilli, non ci sono simboli e nemmeno invettive. Anzi, la piazza leghista è l’altare su cui si celebra un piccolo miracolo. Matteo Salvini stringe le mani di Celeste Vichi, ebrea livornese, e Ayoub, operaio musulmano che vive e lavora a Sassuolo. Poi le mani, quelle mani, si intrecciano e sul palco, affacciato sul Castello, si disegna un modello di convivenza lontanissimo dagli orrori di questi giorni.

Celeste e Ayoub sono il segno di una civiltà basata sul dialogo, capace di integrare più che di scagliare anatemi. L’Occidente, la tradizione ebraica e cristiana, a sorpresa Matteo Salvini aggiunge al menu l’Islam moderato e illuminato. Un ragionevole lampo di speranza che scalda i cuori.

Celeste è la presidente dell’Unione associazioni Italia-Israele, il marocchino Ayoub non rinnega la sua radice, ma capovolge quel biglietto da visita prestampato che si porta addosso fatalmente, come arabo immigrato fra i nostri pregiudizi: «Hamas è un gruppo di terroristi che da troppo tempo usa la fede islamica per attaccare civili». Si ferma e guarda in faccia i giovani che alzano cartelli inneggianti alla libertà e ai diritti umani. «L’Islam – riprende – non è questo. Dio non ha mai chiesto di commettere questi crimini».

No, non è così. Non può essere così. Oggi è il giorno del no al fanatismo, del no all’odio e del no all’estremismo. Altro che scontro di civiltà. Lo stato maggiore leghista applaude: ci sono Giancarlo Giorgetti, Roberto Calderoli, Beppe Valditara, che parla al microfono, così come Massimiliano Fedriga. Restano dietro le quinte Luca Zaia e Attilio Fontana.

Salvini cita Oriana Fallaci, l’ispiratrice della Resistenza all’assuefazione e, ancora peggio, alla paura che rende pavidi. È Oriana, dal cielo, la patrona di questo pomeriggio che è un inno alla tolleranza, al dialogo e al rispetto ma anche un no ad alta voce al pacifismo senza spina dorsale che scambia il ramoscello d’ulivo per una genuflessione davanti a despoti e tagliagola. La piazza di Oriana, questa piazza, è la piazza che abbraccia l’altro uomo ma non si arrende a chi vuole sottometterla. «Chi non ha paura – ripeteva sempre Paolo Borsellino – muore una volta sola, chi ha paura muore tutti i giorni». Ecco le facce dei morti, martiri per tutti noi in quell’avamposto delle nostre coscienze che è Israele, e poi, componendo il suo pantheon ideale, Salvini tributa un omaggio allo scomparso vescovo di Como, Alessandro Maggiolini, «uno che aveva capito tutto sull’avanzata dell’Islam» militante. I toni però non sono bellicosi.

«Hamas tiene prigioniero un popolo – ripete il segretario della Lega – Palestina su la testa», avanti con il mai realizzato piano dei due Stati.

Il cielo minaccia pioggia, la manifestazione corre veloce e la liturgia è sobria, quasi spartana. Pare di assistere a una mini Pontida, ma non c’è l’incendiaria Marine Le Pen e non si discute di migranti. A poche centinaia di metri c’è l’altro corteo, quello dei pacifisti, degli antagonisti e dei centri sociali. Salvini li liquida con poche, sprezzanti parole: «Sono loro i fascisti». «Chi è aggredito – replica a distanza Fedriga – deve potersi difendere e questa non è vendetta. Non si può vivere 70 anni sotto i missili che arrivano mentre si va a fare la spesa». I battimani misurano il ribollire di chi ascolta, ma è un attimo. Oggi è il giorno di una preghiera laica, di Oriana, dell’Occidente e degli uomini di buona volontà che sono anche dall’altra parte.

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