By Daniele Priori
Scurati? Nient’altro che un odiatore, altro che bersaglio come ha detto di sentirsi all’indomani dei commenti formulati al suo indirizzo dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Diciannove anni fa, alla finale del Premio Campiello, lo scrittore immaginò, ovviamente armato solo di parole, addirittura l’assassinio di Bruno Vespa. Il romanzo in gara era “Il sopravvissuto” in cui un candidato agli esami, certo della bocciatura, uccide uno per uno tutti i suoi professori. E Scurati con fare malandrino da cattivo maestro, a domanda precisa e scherzosa di Vespa su come si sarebbe regolato quella sera coi suoi concorrenti, rispose franco al giornalista: «Se stasera dovessi uccidere qualcuno, ucciderei lei» con tanto di motivazione «lucidamente razionale» resa poi assieme a delle scuse e a degli auguri di lunga vita praticamente obbligati, a favore di agenzia: «Il mio è un giudizio intellettuale sul tipo di giornalismo fatto da Vespa e su quel che rappresenta il suo tipo di televisione».
RITORNO AL PASSATO
A ritirare fuori questi fatti vecchi ormai quasi due decenni è stato ieri lo stesso Bruno Vespa che, sia pur apparentemente disinteressandosi della polemica sulla presunta censura subita da Scurati che, a suo dire, non lo riguarda, dalle colonne della sua rubrica settimanale sul Quotidiano Nazionale, il conduttore di “Porta a Porta” ha voluto regalare allo scrittore una puntura al veleno in parte recuperato tra le argomentazioni del dibattito presente, in parte stagionato addirittura vent’anni e tirato fuori alla bisogna grazie alla memoria da elefante di cui dispone il giornalista aquilano che evidentemente non dimentica gli affronti subiti. «Nel settembre del 2005 a Venezia conducevo su RaiUno la serata finale del Premio Campiello di cui Scurati era uno dei finalisti» annota Vespa. «Non lo avevo mai incontrato prima e non mi ero mai occupato di lui. La cosa fu così violenta e clamorosa che ricevetti le scuse di Vittorio Colao, allora amministratore delegato di Rcs. Sopravvivo a questo anatema da quasi vent’anni», prosegue l’articolo di Vespa, «ma tra i due il bersaglio di maggiore anzianità – e per mano sua – sono io. Perché lo fece? Perché Scurati fa parte di quella rispettabile e intangibile categoria di odiatori che ritengono tutto gli sia permesso perché fanno parte del salotto buono».
Tutto permesso, dunque, è la chiave secondo la quale uno scrittore di tale risma può arrivare a scherzare leziosamente sull’omicidio di un giornalista a lui non gradito, figurarsi se poteva immaginare di avere anche un semplice controcanto al suo comizietto contro la Meloni nella puntata pre 25 Aprile della trasmissione “Chesarà…” della Bortone in onda sabato scorso su RaiTre, alla quale lo scrittore avrebbe partecipato con un lauto compenso di 1.800 per il suo concentrato d’odio lungo un minuto, poi invece generosamente regalato alla conduttrice che ha potuto leggerlo in sua assenza. Tutto questo, ricorda ancora l’ex direttore del Tg1, sarebbe inoltre dovuto avvenire «mentre la televisione dal 12 aprile è tenuta alla par condicio». Un bilanciamento che, non trattandosi di un politico, poteva semplicemente essere affidato a un giornalista o a un altro scrittore con opinioni magari meno catastrofiste rispetto alla permanenza della premier Meloni (legittimata dal voto degli italiani) a Palazzo Chigi. Quindi, tutto sommato, secondo Vespa la Rai ha fatto bene a fermare quello che sarebbe stato «un attacco formidabile al presidente del Consiglio senza un secondo di replica».
NULLA CAMBIA
Passato e presente continuano così a intrecciarsi come se i decenni non trascorressero. Particolare tipicamente italiano. In un Paese che ostinatamente, ora con gli abiti del Gattopardo, ora con la divisa da partigiano, in ogni caso tra le file dell’intellighenzia, con la pretesa di poter esercitare sempre una certa libertà d’odio, specie se l’inquilino di Palazzo Chigi non appartiene alla brigata degli amichetti di sinistra. Che poi sono esattamente gli stessi, laddove l’anagrafe è particolarmente generosa, che negli anni Settanta praticavano il cosiddetto “soccorso rosso” per i ragazzotti di sinistra che menavano le mani o peggio ai loro coetanei di destra. Del resto: uccidere un fascista non è reato e se capitava, pazienza. Per cui liberi tutt anche oggi. Liberi pure di insultare e aggredire gli eredi dei volontari della Brigata Ebraica autrice della Resistenza al fianco dei partigiani. Quello che conta, tanto, è ripulire in tempo l’abito buono per arrivare lindi e pettinati sul tavolo dorato del Nove, dove stasera ospite di punta di Fabio Fazio, chi altri potrebbe esserci se non Scurati? Chissà se nel ruolo di sopravvissuto resistente, vittima designata o carnefice immaginario, proprio come la sua censura.