È morto Matteo Messina Denaro

U Siccu oppure Diabolik. Matteo Messina Denaro, l’ultimo boss della mafia siciliana, è morto questa notte all’età di 61 anni. Nella serata di venerdì 22 settembre il boss era entrato in coma irreversibile e gli era stata sospesa l’alimentazione. Il boss era stato arrestato il 16 gennaio 2023 dopo 30 anni di latitanza, in una clinica di Palermo dove si sottoponeva alla chemioterapia per il cancro al colon. Dopo l’arresto il capomafia di Castelvetrano è stato portato nel supercarcere de L’Aquila, seguito dall’equipe dell’Oncologia dell’ospedale cittadino. Un mese fa, dopo due interventi, è stato ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale. Negli ultimi giorni, visto il peggiorare delle condizioni il capomafia è stato prima sottoposto alla terapia del dolore, poi sedato. Le visite dei pochi familiari ammessi le scorse settimane sono state sospese. Messina Denaro, però, ha potuto riconoscere la figlia Lorenza Alagna.

L’erede di Bernardo Provenzano, nativo di Castelvetrano, in provincia di Trapani, era figlio di Francesco Messina Denaro con cui lavorava come fattore nelle campagne della famiglia D’Alì Staiti, proprietari della Banca Sicula di Trapani. Matteo Messina Denaro era l’uomo di fiducia di Salvatore Riina nel trapanese, molto vicino al clan di Brancaccio di Giuseppe Graviano. A 14 anni sa già usare le armi, a 18 commette il primo omicidio e, nel 1989, viene denunciato per associazione mafiosa perché coinvolto nella faida tra i clan di Partanna ed è proprio Paolo Borsellino a inserire il suo nome in un fascicolo d’indagine. Nel 1991 uccide Nicola Consales, proprietario di un albergo di Triscina, che aveva osato parlar male con la sua impiegata austriaca, amante dello stesso Messina Denaro di lui che all’epoca era già a capo del mandamento di Castelvetrano ed era alleato dei corleonesi.“Con le persone che ho ammazzato io, potrei fare un cimitero”, dirà a un amico.

Nell’ottobre del 1991 avrebbe, persino, partecipato al summit in cui Riina e gli boss mafiosi decisero di uccidere Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. A 21 anni partecipa alle stragi del 1992, ma solo nel 2020 verrà condannato all’ergastolo per i due attentati. Nel novembre 1993 Messina sequestra, insieme ad altri mafiosi, Giuseppe Di Matteo, figlio di Santino che lo aveva indicato tra i mandanti della strage di Capaci. Dopo una lunga prigionia, il piccolo Di Matteo viene ucciso e il suo corpo viene sciolto nell’acido. Nel maggio dello stesso anno è tra i mandanti della tentata strage nei confronti del conduttore Maurizio Costanzo. Dopo le rivelazioni del pentito Baldassare Di Maggio, viene emesso un mandato di cattura nei confronti di Massimo Denaro che, ritenuto colpevole di un quadruplice omicidio commesso, inizia la sua vita da latitante. Fino a quel momento aveva vissuto a Castelvetrano ostentando la sua ricchezza e la sua fama di ‘sciupafemmine’, girando su una Mercedes o su una Bmw e con il Rolex al polso.

Nel 1994 Messina Denaro vola in Spagna, a Barcellona, per farsi curare lo strabismo di cui soffriva, mentre due anni dopo, dalla relazione con Francesca Alagna, nasce sua figlia Lorenza. Il boss avrebbe avuto anche un maschio nel 2004, ma di questo secondo genito si sa poco. Nel 1998, dopo la morte del padre Francesco, diventa capomandamento di Castelvetrano e rappresentante della provincia di Trapani all’interno di Cosa nostra. Sempre in quell’anno, le forze dell’ordine, seguendo la fidanzata dell’epoca, Maria Mesi, trovano il covo in cui ‘U Siccu’ si nascondeva, ma arrivano il latitante riesce a scappare prima del loro arrivo. Mesi verrà, poi, arrestata per favoreggiamento, mentre nel 2018 la sorella del boss, Patrizia, viene condannata a 14 anni di carcere per associazione mafiosa. Nel 2000, al termine del maxi-processo “Omega”, Messina Denaro viene condannato in contumacia alla pena dell’ergastolo.

Nel 2010 il boss rientra nella lista dei dieci latitanti più pericolosi del mondo stilata da Forbes e le rivelazioni di un pentito confermano che il boss, sempre in quello stesso, avrebbe incontrato alcuni mafiosi allo stadio Renzo Barbera durante la partita di calcio Palermo-Sampdoria. Solo il 16 gennaio 2023 dopo 30anni i latitanza  mentre si trovava nella clinica privata La Maddalena di Palermo dove, sotto il falso nome di Andrea Bonafede veniva regolarmente sottoposto a sedute di chemioterapia per curare il tumore al colon. L’8 agosto dello stesso anno viene ricoverato all’ospedale de L’Aquila e, poco dopo, viene operato per un’occlusione intestinale. I suoi legali chiedono la revoca del regime di 41bis.

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