Nel Pd? Daniele: “Più che addii è un esodo”

By Gaetano Daniele

Per entrare nel Pd, basta poco: una finta promessa, un finto amore ideologico, l’aizzarsi, rispetto agli altri colleghi di partito, criticando finanche chi fino ad oggi ti dà da mangiare. E qui mi viene subito in mente Ghandi, quando diceva: “Non verrai mai criticato da qualcuno che sta facendo più di te, ma verrai criticato solamente da qualcuno che sta facendo meno o addirittura niente”. Ma entriamo nella ciccia, no quella sintetica proposta dalla sinistra. Perché nel pd, più che addii, sembra un esodo. Una via crucis di uomini e donne che entrano sorridendo, ed escono piangendo alla velocità della luce: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, non si contano.

Prima Giuseppe Fioroni, ex ministro dell’istruzione nel governo Prodi, poi Andrea Marcucci, ex capogruppo dem al Senato, infine Enrico Borghi, senatore dem ora passato nel gruppo di Italia Viva. Oggi, dopo le varie indiscrezioni di ieri, arriva l’ufficialità: Caterina Chinnici, dopo quasi due legislature, abbandona il gruppo dei Socialisti e democratici europei. Destinazione Partito popolare europeo, più precisamente nella delegazione di Forza Italia.

Non c’è spazio per il riformismo. Con questa frase potremmo riassumere l’imperativo politico della nuova segretaria del Partito democratico. I più maliziosi diranno che in realtà non c’è mai stato. Gli altri, i più benevoli, diranno che è solo colpa del nuovo corso targato Schlein. I dati, in questo caso, possono aiutarci: l’esodo dei riformisti ha coinciso perfettamente con l’avvento del massimalismo schleiniano. Il nodo principale, giova ricordarlo, non ha nulla a che fare con questioni personali irrisolte. Le distanze siderali tra chi lascia il Pd e chi lo guida, in questo caso Elly Schlein, fanno parte di una sfera politica più ampia. Quella che, gli addetti ai lavori hanno finto di non vedere, perché era più facile colpire il pregiudizio. Politica estera, visione economica, il nodo immigrazione, il punto interrogativo delle alleanze, perfino la questione del termovalorizzatore romano. È proprio su questi temi che la nuova segretaria dem si sta giocando il futuro del partito. Anzi. A par mio, ha già fallito prima di iniziare. Ma a lei non piace apparire, nasconde. Ma puoi nasconderti da tutti, ma mai da te stessa. Prima o poi…. I conti bisogna farli. Fin quando si era in due, ragazzini, e bastava solo un passaggio o una parola di conforto, si andava d’amore e d’accordo, ma in tre. In tre alla guida del Partito, è fuoriuscito tutto l’ego di chi voleva solo divertirsi.

Sarà un partito a trazione maggioritaria o seguirà la vocazione minoritaria? Verrà chiarita una volta per tutte la posizione sulla guerra in Ucraina? In economia il nuovo Pd parlerà ancora alle imprese e alle partite Iva? Sulla giustizia i dem sono vicini alle posizioni grilline? Le non risposte di Elly Schlein, oltre a non chiarire la posizione politica del primo partito d’opposizione, hanno l’effetto opposto di quello sperato. Invece di unire le diverse culture interne al Nazareno aumentano le differenze e così “fare le valigie” diventa l’unica opzione possibile. La linea della giovane segreteria dem è tracciata e il silenzio è d’obbligo. Interpellata sulla questione piuttosto complicata degli addii Schlein taglia corto: “Avremo sicuramente altre occasioni per confrontarci sul Pd e sui suoi sviluppi futuri”. Così la segretaria, a margine di un comizio a Fiumicino, ha risposto ai giornalisti che le chiedavano un commento sull’abbandono di massa dal nuovo Pd. Un modo per rimandare la questione ed evitare ulteriore figure di merda.

Ma nel pd, c’è ancora chi spera nelle strategie: chi provoca, e finanche come nel caso di Siena, chi nasconde il registratore dietro le finestre con la speranza di correre ai ripari. Ma non hanno capito che ormai i giochi sono fatti. È tutto inutile. È andato tutto secondo i piani. E ora la patata bollente ce l’ha la Schlein. Solo lei dovrà dimostrare di essere all’altezza della situazione. Senza più articoli né rassegne stampe. Ormai è tutto finito.

Caterina Chinnici, incalzata dal Corriere della Sera, è un esempio chiaro dell’aria pesante che si respira al Nazareno. “Io – esordisce l’europarlamentare dem – sono sempre stata una moderata”. Il suo addio è l’ennesima conseguenza del radicalismo intrapreso da Schlein: “In questo ultimo periodo, mi sono sentita sempre più a disagio. Mi sono spesso trovata a condividere il mio impegno con i colleghi del Ppe, che non quelli del mio gruppo”. Anche in questo caso, come in quelli precedenti, l’addio non c’entra nulla con dissidi interpersonali. Le questioni più dirimenti sono politiche e ideologiche: “Ho sempre lavorato – continua la Chinnici – su temi giuridici, sulla sicurezza. E su queste tematiche, ultimamente, mi sentivo molto sola. Inoltre il gruppo dei Socialisti e democratici nel tempo si è spostato sempre più a sinistra. Troppo, per me”. L’eurodeputata dem non è l’unica ad aver abbandonato la nave. L’addio di Enrico Borghi, ora passato nel gruppo di Italia Viva, preoccupa i vertici dem: “Immagino che Borghi abbia maturato la scelta da solo- ragionava un parlamentare Pd in Transatlantico – ma il suo rilievo e la sua storia possono indurre interrogativi in altri”. I malumori arrivano anche dalla deputata dem Marianna Madia che, insieme alla collega Lia Quartapelle, reclama un “confronto tra leadership non solo stando in piazza, ma guidando l’agenda politica”.

Chi sarà il prossimo fortunato, o sfortunato ad entrare o a lasciare il pd? Lo scopriremo solo vivendo!

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