Daniele: “l’Europa dei molluschi è ipocrita. Pacifisti a chiacchiere, e chi gioca sporco prima o poi finisce per cadere dai tacchi a spillo”

By Daniele Gaetano

Il problema di certe politiche barzelletta che porta il nome ‘Unione Europea’, è che credono di essere più furbi dei cittadini che ne fanno parte senza essere stati prima interpellati attraverso un regolare referendum. Chiedere a Boris Johnson. L’accoglienza riservata dai vertici europei alla proposta italiana di una “road map” per la pace in Ucraina ricorda certe partite a zecchinetto truccate giocate alla vigilia di Natale: tutti giurano di non barare, poi giocando, l’unico a non aver capito il giuramento chiama il banco senza soldi (quindi baramdo) facendo saltare il banco. Io ad esempio, sono sempre stato fermo sulle mie posizioni pur avendo ben chiaro il fine di questa Unione Europea, che chiamo accozzaglia, e ho aspettato. Avevamo previsto tutto. E l’avevamo scritto filmando data e ora di quello che poi sarebbe avvenuto. Ed è successo. Coincidenza? No. Anche perché erano state richieste in audizione. Come il finanziamento dei molluschi. Quindi non mi ha spaventato più di tanto. E conservo in cassaforte la mia opinione, la verità. Quella per il quale è nato questo agglomerato di fusioni per essere più forti impoverendo però il popolo. Il fine ultimo dell’UE è stato raggiunto. E ora vorrebbero convincerci che l’hanno fatto per salvaguardare le nostre economie. Tutto è andato come doveva andare. Ed è per questo che le spiegazioni dovranno essere triple, non doppie. Molti sono di memoria corta. Altri politici invece hanno completamente rimosso le loro azioni. Gli accordi scritti e firmati di proprio pugno. Come la Nato. Altri ancora invece si credono più forti sol perché detengono lo scettro ma fanno più guai che altro puntando tutto sul tempo e sulle mancanze economiche dei cittadini che, secondo loro, non avendo più né forza psicologica né forza economica siano disposti a mangiarsi la foglia. A darsi una pacca sulla spalla come se in fondo nulla fosse successo. Ad accantonare il rancore della colossale bufala. Ma non è così. Io sono sempre dell’idea che chi chiede aiuto, o finisce per averlo e guarisce oppure finisce per rovinare anche chi ha cercato di aiutarlo. Non si scappa. E solo il tempo darà le debite risposte. Come tante finanziarie che inspiegabilmente chiedono dazio nonostante l’ingenuità di un popolo che pare abbia firmato senza sapere: il debito pubblico. Ed è aumentato. Per prenderne le distanze dovremmo affermare dalla nascita la nostra infermità mentale.

Ecco, le parole di ieri dell’Alto rappresentante alla politica estera Ue Josep Borrell suonano come un rimprovero per l’iniziativa italiana di costruire la pace: una cosa che si dice e si agogna a parole, ma non si fa. L’ho scritto proprio ieri: si riempiono la bocca citando preoccupati l’arrivo di una ipotetica terza guerra mondiale, ma poi sembra che sopra sopra la vogliono: “Ho preso nota dell’annuncio – ha detto sprezzante -. Noi appoggiamo tutti gli sforzi per provare ad ottenere una fine del conflitto”, ma solo dopo il “ritiro incondizionato delle truppe russe”. Ha “preso nota”, con la freddezza distaccata dell’assistente vocale di Phone. Una reazione intrisa di superiorità e arroganza, che derubrica l’unico embrione di proposta diplomatica messo finora sul tavolo, per quanto vago, a fastidiosa ingerenza. “L’Europa rimanga unita” significa: Bruxelles fa le proposte, voi limitatevi ad armi e assegni. Un’uscita che dà fiato ai complottisti, perché porre come condizione un ritiro totale di Mosca è talmente utopistico: altro che aiutare Kiev, Ue e Nato vogliono solo distruggere la Russia. Un alto risultato comunicativo per l’Alto rappresentante, non c’è che dire.

Il nodo è capire cosa si intende per pace. Abbiamo ascoltato banalità a metà strada fra le citazioni hippy sulla Smemoranda e i discorsi delle reginette di bellezza che sognano un universo più buono sui tacchi a spillo: mantenetemi altrimenti casco, sia nel dibattito politico italiano viziato dalla ricerca patologica del consenso, sia a livello internazionale. Per cui, certo, l’obiettivo è la pace in Ucraina. Lo dicono il Papa, Draghi, Conte e Salvini, la sinistra e perfino io. Ma come ottenerla concretamente? La ricetta di Madre Teresa era: “Per promuovere la pace nel mondo, vai a casa e ama la tua famiglia”. Qualcuno da un lato l’ha scritto e dall’altro ha fatto di tutto affinché non si verificasse per alcuni difetti di forma e non per altri intetessi sottobanco. Parole da santa in paradiso. Invece, in questo mondo brutale, il Cremlino non si ferma con le carezze davanti al focolare. E i rappresentanti, siano essi alti, bassi o medi, sanno benissimo che il muro di Putin non si abbatte con il buon cuore.

La pace – più che questione florofaunistica di colombe e ulivi – è un punto di caduta strategico fra due estremi: la resa incondizionata dell’aggredito bramata dal professor Orsini, che ha studiato molto ma non Malcom X quando diceva che “non esiste pace senza libertà”, e l’annichilimento totale dell’aggressore da perseguire con un conflitto lungo, che è il piano sempre più esplicito di Washington. E, stando a quanto detto ieri, da Borrell. Le armi occidentali e le sanzioni a Mosca sono state fondamentali per spostare il punto di caduta più in là. L’Ucraina ha resistito, attenuato la sproporzione dei rapporti di forza e ora può negoziare senza spalle al muro. E se inizialmente era la Russia a non essere interessata alla pace senza prima aver raggiunto i propri obiettivi, ora anche Kiev respinge ogni proposta che non implichi il ritiro totale del nemico. Che però non avverrà spontaneamente, soprattutto dopo che ieri lo Zar ha conquistato Lugansk e l’acciaieria Azovstal.

Per nulla permanente, il centro di gravità della guerra si sta spostando sia sul campo di battaglia, sia sul terreno delle rivendicazioni. A massimalismo, massimalismo e mezzo. Resta da capire se il ruolo della diplomazia internazionale sia trovare una via per il compromesso e un’uscita dall’orrore che soddisfi l’integrità politica e territoriale di Kiev, oppure assecondare il suo sogno legittimo, ma anche potenzialmente devastante, di respingere Putin fino alla sua distruzione. Il che, concretamente, sarebbe la sfida finale fra due mondi. Una prospettiva che gli Usa accarezzano, ma che somiglierebbe a un lungo conflitto mondiale.

Per l’Europa uno scenario tremendo, e soprattutto opposto a quella pace che Borrell e compagnia cantante continuano a nominare solo per lavarsi la faccia dinanzi a nuovi portafogli per non alzare la cardarella.

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