Cutro, spunta un video che inchioda lo scafista turco in Austria: il caicco in balia delle onde e lui scappava sul tender

Mentre la sinistra continua continua a fare del bieco sciacallaggio politico sul naufragio di Cutro, ignorando volutamente orrore e responsabilità dei trafficanti, un video che lo scafista minorenne ha pubblicato sui social inchioda il turco Gun Ufuk. L’uomo arrestato al confine con l’Austria, che i migranti superstiti hanno riconosciuto come la persona al timone dell’imbarcazione. Una testimonianza virtuale che collima con quanto sostenuto dal primo istante dai migranti scampati al naufragio. I quali, a pochi metri dalla riva, hanno sempre raccontato che gli scafisti che li hanno portati in Italia fossero 4. Mentre fino a 48 ore fa, quelli individuati erano solo 3. Ecco perché l’analisi del telefono dei fermati – e il video chiave individuato sul quarto uomo che ha condotto i passeggeri allo schianto – risulta ad oggi di grande importanza al fine delle indagini.

Dunque c’è un video che incastrerebbe Gun Ufuk: il turco di 28 anni arrestato dalla Polizia di frontiera e dai carabinieri al confine con l’Austria, con l’accusa di essere il quarto scafista dell’imbarcazione naufragata lo scorso 26 febbraio.  Si tratta di un video ritrovato sul telefono cellulare dello scafista minorenne I.H., detenuto nel carcere minorile di Catanzaro. Sul telefono, dall’applicazione Snapchat, spuntano dei video che «dimostravano le responsabilità penali di Gun Ufuk, immortalato alla conduzione dell’imbarcazione. E dei due cittadini pakistani, che si dimostravano in posizione differenziata rispetto al resto dei migranti», scrive nell’ordinanza di custodia cautelare il gip Michele Ciociola. Non solo. Stando al racconto di altri testimoni ancora, «dopo lo schianto (lo scafista ndr) si è allontanato su un tender».

L’uomo, come hanno raccontato diversi testimoni, dopo il naufragio sarebbe scappato, abbandonando l’imbarcazione «senza prestare soccorso ai migranti. L’ho visto più volte guidare ed era spesso insieme ad un altro soggetto. A volte scendeva personalmente in stiva per controllare le persone poiché il pakistano spesso litigava con noi migranti con atteggiamento provocatorio, e non è stato fatto scendere in stiva. È uno di quelli che è scappato con il gommone insieme al siriano e a un altro turco, sempre per come ho appreso dagli altri migranti». Un altro superstite ha raccontato ai magistrati di avere visto Gun Ufuk, subito dopo il naufragio, con un altro turco, «preso degli oggetti neri simili a dei tubi che hanno gettato in acqua. Poi si sono tuffati aggrappandosi ad essi per scappare». In una settimana Gun Ufuk è riuscito a raggiungere il confine raggiungendo l’Austria. Poi, la sera del 7 marzo, la resa.

Dunque, il quarto uomo sarebbe stato anche colui che abbandonava l’imbarcazione nei pressi della costa senza prestare soccorso ai migranti». E non solo. «L’ho visto più volte guidare – racconta un altro testimone –. A volte scendeva personalmente in stiva per controllare le persone poiché il pakistano della foto numero 4 spesso litigava con noi con atteggiamento provocatorio. È uno di quelli che sono scappati con il gommone con il siriano e un altro turco» nel momento in cui il caicco ha raggiunto la secca, rimanendo in balia delle onde… Un momento drammatico, che il gip Ciociola nell’ordinanza di custodia cautelare, registra nero su bianco in tutta la sua tragica portata di orrore.

Il gip, infatti, davanti alle immagini, ha sostenuto che questi contenuti «dimostravano le responsabilità penali di Gun Ufuk, immortalato alla conduzione dell’imbarcazione e dei due cittadini pakistani che si dimostravano in posizione differenziata rispetto al resto dei migranti». Ora, avviate le procedure per l’estradizione del 28enne turco, si entra nel vivo dell’indagine: subito dopo l’estradizione lo scafista sarà interrogato dal gip Michele Ciociola. Intanto, come dichiara il vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, «la cattura del quarto scafista costituisce motivo di soddisfazione. Per lo scafista arrestato si aprono le patrie galere nella speranza che la pena sia commisurata alla gravità dell’abominio commesso. Benché nessuna pena potrà mai restituire alla vita le decine di vittime, tra cui troppi bambini innocenti, e distrutto sogni e speranze di quanti sono stati travolti da pochi metri d’acqua»

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