Il caso Chiatti, uccise due bambini ma ha ottenuto la seminfermità mentale. Ha prevalso la ingiustizia

Simone Allegretti oggi avrebbe 35 anni. Sarebbe un professionista, un operaio o un politico, oppure un disoccupato. Lorenzo Paolucci ne avrebbe 45. Entrambi sarebbero in ogni caso uomini adulti. Non hanno avuto il tempo di crescere. Il primo è morto a 4 anni di età, il secondo a tredici. Non li ha uccisi una malattia, un incidente o il fato. Li uccise Luigi Chiatti, che oggi di anni ne ha quasi 55 e vive in una Rems (residenza per l’esecuzione di misure di sicurezza). Luigi Chiatti fu condannato all’ergastolo ma la Cassazione gli riconobbe la seminfermità mentale. E così la pena divento ” di trent’anni e fra indulti e legge Gozzini ne ha scontati appena 22. Niente, se si ricorda che assassinò  crudelmente due bambini per puro sadismo.

Non era pazzo Luigi Chiatti. Era un pedofilo sadico. Chi ne ha descritto comportamenti deliranti successivamente ha scritto qualcosa di molto opinabile. Perché Chiatti rappresenta e testimonia l’assenza di qualsiasi rieducazione e , probabilmente, anche l’impossibilità di poterla ricevere. Terroristi neri o rossi, persino mafiosi e assassini vari , in molti casi, hanno letteralmente cambiato vita in carcere. Sono diventati gli “altri” che citava Deleuze, persone realmente nuove.

Chiatti, invece, come Angelo Izzo, non era recuperabile. Due psicopatici puri ma non psicotici. Due uomini che potrebbero uccidere tranquillamente (Izzo lo ha dimostrato) chiunque: un bambino, una donna, una coppia, un vecchio inerme. La differenza è che Izzo, dopo un grandissimo errore, è in carcere. Chiatti non può starci più perché tecnicamente ha scontato la pena ma può essere tenuto in una Rems. Inutilmente, nel senso che quel posto dovrebbe essere occupato da altri, ma utilmente allo stesso tempo, perché fuori potrebbe ancora uccidere.

Purtroppo quella sentenza della Cassazione lo ha tolto dal posto giusto. Dirlo significa ammettere la verità. Perché non sempre il principio ( straordinario) di recupero della nostra carta costituzionale è applicabile. Lo abbiamo visto con Cutolo, Riina, lo vedremo con Messina Denaro. Solo che per mafiosi e camorristi accettiamo il fine pena mai, anche perché temiamo possibilità di correlazioni con il mondo di fuori, ma per Chiatti facciamo finta ipocritamente di niente limitandoci a reiterare la sua permanenza in una Rems.
Chiatti è ciò che la narrazione antropologica ci ha indicato come il ” male assoluto”. Un Mengele nostrano che ha ancora pulsioni pedofile. La nostra cultura, però, derubrica a malattie mentali ciò che non vuole accettare: il male stesso.

E se non consideriamo che il male fa parte di noi (Jung citava l’ombra) non riusciamo ad essere onesti con noi stessi. Giuridicamente Lorenzo e Simone hanno avuto giustizia ma concretamente no. E Chiatti rischia di essere un eterno prigioniero guardato a vista per non ammettere di avere sbagliato. Per non guardarsi allo specchio e scoprire che in alcuni casi, non tutti per carità, le sbarre sono l’unica difesa possibile.

*vicecapogruppo di FdI alla Camera dei deputati 

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