Migranti, Daniele: “Sono il fiore all’occhiello ma anche la palla al piede di una sinistra che li sfrutta solo per mero tornaconto in nome di una finta ideologia”

By Gaetano Daniele

Governare un Paese come l’italia, una Regione oppure un Comune, non è cosa semplice. Chi non vive la macchina amministrativa da dentro, crede che tutto sia possibile o facile da ottenere. Siamo tutti bravi a giudicare l’operato degli altri, ma quando tocca a noi dimostrare di essere capaci, ci nascondiamo dietro cavilli ed errori di chi ci ha preceduto. Anche quando non esistono. Il gioco delle opposizioni consiste anche in questo. Ma il discorso è più profondo quando si parla di migranti.

Nessuno possiede la bacchetta magica per governare i flussi migratori. Non puoi contenerli, gestirli. Anche perché dietro di loro non ci sono solo quei soliti due tre fessi che mentono per ottenere la quota viaggio, ma ci sono vere e proprie organizzazioni criminali. Per questo l’immigrazione dovrebbe essere un tema meno politicizzato e più ideologizzato, e le soluzioni dovrebbero essere, come si diceva un tempo, bipartisan. Per spiegarlo con il cucchiaiino: il tema migranti dovrebbe correre sotto un’unica bandiera politica chiamata “Umanità”. Attenzione. Quando scrivo “Umanità”, non significa tutti dentro a qualsiasi costo, perché la vita non ha prezzo, e quanto accaduto a Cutro è sotto gli occhi di tutti. È il mondo reale, invece, il discorso sulla immigrazione resta uno dei temi più divisivi, usato come slogan per demonizzare l’avversario politico, soprattutto a sinistra. Con una differenza. Che non necessariamente la destra, o meglio i conservatori, devono essere contrari alle frontiere aperte.

In America, Reagan e Bush favorirono l’immigrazione, e a porre la prima pietra del muro con il Messico fu il democratico Clinton. Al contrario, la sinistra di oggi, almeno quella italiana, soprattutto quando si trova all’opposizione, fa della immigrazione un vero dispositivo ideologico, la diga, o se si vuole la frontiera, per definire amici e nemici, buoni e cattivi, partigini e fascisti. Siete convinti che in Italia debbano poter entrare tutti coloro che sbarcano, e tutti debbano sbarcare? Sarete inseriti nel campo degli amici e dei buoni. Sostenete invece che l’immigrazione debba essere controllata e regolata, soprattutto sui flussi, in base anche alle esigenze del mondo del lavoro, perché poi gli immigrati diventino nuovi italiani? Eccovi proiettati nel mondo dei cattivi, con una gradazione che va da insensibile a demoniaco fino a razzista. C’è molto di strumentale in questa retorica della sinistra, e anche di ipocrita. Tutti sanno infatti che degli immigrati che arrivano qui, in larga parte si trasferiscono in altri paesi: i progressisti insomma sono umanitari con il culo degli altri. E abbonda, questo discorso, di mala fede: perché poi, quando la sinistra era al governo, almeno con Renzi e con Gentiloni, le frontiere sono state controllate.

Oltre la strumentalità, nell’immaginario della sinistra sulla immigrazione vi sono però anche elementi genuini. Ci credono, come si crede alle ideologie, che altro non sono che religioni secolarizzate. Come un bambino che non crede alla strega cattiva, ma solo a Babbo Natale. L’immigrato, nella cultura politica progressista, ha preso il posto di quella che, per un secolo e mezzo, era la figura centrale della sinistra: l’operaio. Come dimenticare le battaglie dei sindacati, oggi falliti. Che nel socialismo e nel comunismo marxista, doveva rivoluzionare la triste società borghese. Ora però, e in realtà da decenni, gli operai si sono integrati: sarà compito allora degli immigrati, nuovi sfruttati della terra, cambiare radicalmente la società per renderla più egualitaria, Quando l’allora presidente della Camera, Boldrini, disse che gli immigrati andrebbero fatti entrare tutti, perché ci rendono migliori, era esattamente questo. Solo che con l’ideologia della immigrazione, l’immigrazione non si governa, bisogna farsene una ragione.

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