By Benedetta Vitetta (LQ)
Tutto come previsto. Oltre alle terrificanti immagini che da un paio di giorni ci stanno tenendo incollati alla tivù guardando ciò che sta accadendo in Israele, da ieri – come del resto è accaduto con l’avvio del conflitto tra Russia e Ucraina si è cominciato a fare i conti pure con gli effetti dell’economia in tempi di guerra. E così da ieri mattina gli scontri in atto tra Hamas e Israele si sono subito fatti sentire: i prezzi del petrolio sono schizzati subito in alto riavvicinandosi ai 90 dollari al barile (Wti +4,12% a 86,19 dollari e il Brent +3,98% a 87,93 dollari), mentre il gas ha guadagnato quasi il 15% attestandosi a 43,95 euro al MWh, tornando ai livelli di fine settembre.
Per ora le principali piazze finanziarie internazionali non hanno avuto particolari contraccolpi anche se c’è da dire che siamo solo all’inizio di quello che si spera non si trasformi in un conflitto lungo e sanguinoso e che pian piano si allarghi rovinosamente anche ad altri territori. Proprio questo cambio di scenario potrebbe provocare effetti molto più vistosi e devastanti dal punto di vista economico-finanziario. Nel frattempo l’aumento dei prezzi di petrolio e di gas ha riacceso i riflettori, creando panico, sui carburanti alla pompa e sulle prossime bollette che arriveranno da pagare, ma non solo. Rischi su cui si sta già concentrando anche il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che ieri ha già parlato di una vera e propria «situazione di emergenza» in atto. Più cauti restano per il momento gli esperti di Goldman Sachs che ritengono «improbabile un effetto immediato di grande portata a breve termine» sulla dinamica tra domanda e offerta e sulle scorte di petrolio. Sul prezzo del petrolio ci sono, però, «due potenziali implicazioni» con effetti opposti.
La prima è una «riduzione della probabilità di normalizzazione saudita-israeliana e un conseguente crescita della produzione saudita», la seconda è invece il rischio di un ribasso della produzione petrolifera iraniana. Se, però, la guerra fosse lunga e si allargasse al Golfo Persico, per Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, il rialzo dei prezzi potrebbe essere «senza fine» con ipotesi estreme di 150 dollari al barile di greggio e di 2,5 euro al litro di benzina. Un vero disastro. Un allarme subito colto dalle associazioni dei consumatori. Fatti due calcoli, il Codacons ha ipotizzato che gli effetti della guerra in Israele potrebbero sentirsi da subito sulle tasche degli italiani, con un impatto fino a +390 milioni di euro al mese solamente per i costi legati ai rifornimenti di carburante.
Nel frattempo, Assoutenti, ha diffuso una simulazione su quelli che potrebbero essere i primi effetti bellici sul fronte delle forniture energetiche. «L’aumento del gas verificatoso ieri per una veloce escalation della guerra in Israele» hanno spiegato da Assoutenti, «potrebbe portare a un incremento medio delle tariffe del 15% per la luce e per il gas». Cosa che porterebbe la bolletta dell’energia elettrica a crescere di 115 euro annui a famiglia rispetto alle attuali tariffe, portando la spesa della luce a quota 879 euro. La bolletta del gas salirebbe invece a 1.526 euro annui a nucleo, con un incremento di 199 euro annui. Per capirci si tratta di un mega rincaro tra luce e gas di ben 314 euro annui a famiglia con una spesa totale per le forniture energetiche che volerebbe a quota 2.405 euro l’anno a nucleo familiare.
«Aumenti che tra l’altro arriverebbero nel momento peggiore, ossia nei mesi invernali quando gli italiani accendono gli impianti di riscaldamento e concentrano l’80% dei consumi annui di gas» ha commentato il presidente Furio Truzzi che a questo punto «spera che il governo italiano di concerto con l’Europa sappia adottare adeguate misure di contrasto nell’ipotesi di una prossima improvvisa fiammata delle quotazioni energetiche». Un’ipotesi reale visto che Italia e Commissione Ue stanno effettivamente discutendo di una proposta di riprogrammazione dei fondi regionali Ue per un importo stimato in circa 1,3 miliardi per aiutare le famiglie a far fronte al caro energia. Nell’ambito del programma Safe- quello che prevede la riprogrammazione di 4 miliardi dei fondi di coesione per misure contro il caro bollette a favore delle pmi e delle famiglie – «restano circa 3,3 miliardi» ha detto ieri Elisa Ferreira, Commissaria Ue alle politiche regionali e urbane.