Caso Ciro Grillo, il Fatto pubblica lo schifo dello stupro: pubblicati i verbali delle udienze a porte chiuse

By Rosa Scognamiglio

Mercoledì 31 gennaio al Tribunale di Tempio Pausania (Sardegna) riprenderà il processo per violenza sessuale di gruppo a carico di Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, e i suoi tre amici genovesi, Edoardo Capitta, Francesco Corsiglia e Vittorio Lauria. In aula ci sarà Silvia (nome di fantasia), la studentessa italo-norvegese che nel 2019 denunciò i quattro ragazzi per i presunti abusi. Alla vigilia della nuova udienza, che sarà celebrata a porte chiuse, come le precedenti, il Fatto Quotidiano ha diffuso i verbali (secretati) della giovane sulla notte trascorsa a Cala di Volpe (Sardegna), nella casa di Grillo jr, assieme agli imputati. Una scelta insolita, quella del giornale diretto da Marco Travaglio, che si è sempre smarcato dalla delicata vicenda giudiziaria attenendosi a una narrazione sobria e discreta dei fatti.

L’esame di Silvia è cominciato lo scorso 7 novembre. Una deposizione lunga e sofferta per la studentessa che, tra le lacrime, ha ripercorso la drammatica vicenda. Il primo ad abusare della giovane sarebbe stato Francesco Corsiglia: “Mi sono messa sotto le lenzuola e ho sentito qualcuno che entrava nel letto alle mie spalle”. Poi il ragazzo l’avrebbe “afferrata per i capelli”. “Mentre lui abusava di me – continua Silvia – sentivo le voci degli altri che ridevano”. La giovane avrebbe provato a divincolarsi ma “non mi facevano passare, – dice -in più io mi sentivo indifesa. Ero comunque mezza nuda, mi vergognavo davanti a questi qua… Poi Francesco mi ha preso da dietro”. I presunti abusi sarebbero continuati nella doccia: “Mi teneva la testa contro il muro (…) mi urlava ‘cagna’ (…) ‘mi ha fatto male'”.

Successivamente Silvia racconta di aver raggiunto gli altri ragazzi in veranda e di essere stata costretta a bere “un beverone dal sapore strano”. Dopodiché Lauria, Grillo e Capitta l’avrebbero portata in una camera: “Mi toccavano e mi sfilavano i vestiti (…) Sentivo che dicevano ‘prendila’, ‘prendila’, e anche‘adesso tocca a me’ (…) Mi davano schiaffi al fondo schiena e botte (…) Non sentivo più il mio corpo (…) Ho visto nero e sono svenuta”. Rispondendo alla domanda del pm, che le chiede se avesse compresso cosa stava accadendo, la giovane puntualizza: “Sì, che ero in pericolo” (…) avevo uno stato di confusione per l’alcol, mi sentivo molto stordita, però sapevo quello che stavano facendo”.

Un aspetto dirimente nella lunga e ingarbugliata vicenda giudiziaria è l’alcol. Secondo l’accusa e la parte civile, l’assunzione di sostanze alcoliche avrebbe compromesso la capacità della giovane di reagire ai presunti abusi. Per la difesa, invece, Silvia non era ubriaca. La ragazza dice di ricordare esattamente cosa ha bevuto, a partire dai drink consumati in un noto locale dell’isola, prima di unirsi alla comitiva dei quattro amici genovesi: “Due tequila sunrise all’aperitivo, un Prosecco da un amico, un Long island in unbar. Ricordo la serata a flash, un po’ per la stanchezza e un po’ per il tanto alcool (…) al tavolo sono arrivati due secchielli, due vodka, una o due di champagne, poi mi hanno passato dei mix che non ricordo”. Infine precisa che “era a digiuno da trenta ore”.

Nella casa di Grillo jr, dove si sarebbe consumata la presunta violenza sessuale, c’era anche un’amica della studentessa, Roberta (anche lei parte civile nel processo), alla quale Silvia avrebbe confidato quanto accaduto. “Le ho detto che ero stata violentata (…) – spiega la ragazza – Lei non capiva (…) era stanca e intontita (…)”. Roberta invece sostiene che Silvia le avesse detto “che andava tutto bene”. L’avrebbe poi rivista verso le ore 15: “Era in stato confusionale, il volto rigato dal trucco. Mi disse: ‘Mi hanno violentata tutti'”.

Per gli avvocati dei quattro imputati “Silvia ricorda solo ciò che vuole”. Nello specifico i legali contestano alla ragazza di non aver lasciato l’abitazione dopo il primo (presunto) stupro, di non ricordare di essere andata a comprare le sigarette e di aver accettato il giorno successivo un passaggio fino ad Arzachena. Un dettaglio, quest’ultimo, di cui la ragazza non ha memoria.

Durante l’udienza del 13 dicembre, la più discussa, la giovane risponde alle domande dell’avvocato Antonella Cuccureddu, legale di Francesco Corsiglia. Eccone alcune: “Cosa le ha impedito di uscire dal letto?”; “lui le teneva la testa con una o con due mani?”; “aveva le gambe aperte o chiuse?”. E ancora: “Ha sollevato il bacino quando le sono state tolte le mutande?”, “perché non era lubrificata?”, “come respirava in quel momento (durante il rapporto orale, ndr)?. Domande a cui Silvia replica tra le lacrime, ribadendo di essere “terrorizzata”. Nel corso del processo ragazza ha raccontato anche aver pensato di farla finita dopo i presunti abusi: “Avevo molti istinti suicidi e autolesionisti”.

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