Balle digitali, chi rischia fino a cinque anni di carcere: interviene il governo

By Fausto Carioti

Arriva il reato di «illecita diffusione di contenuti generati o manipolati artificialmente». Nel linguaggio dell’informatica, «deepfake». Concetto vasto, che include il video porno con protagonista un’ignara sventurata e il discorso del politico che annuncia l’aumento delle tasse oppure un nuovo lockdown o il lancio di un missile nucleare, unico limite l’immaginazione. Tutto falso, ovviamente. Ma libero di circolare su smartphone e computer, danneggiare individui e destabilizzare istituzioni. (…)

L’ALLARME DEI SERVIZI

Per capire l’urgenza, bisogna leggere la Relazione annuale presentata poche settimane fa dal Sistema di informazione perla Sicurezza della repubblica, ossia dai servizi segreti. Lì, sulla scia di quanto già fatto dalla Nato, tra le principali potenziali minacce alla sicurezza nazionale è indicato «l’uso dannoso di tecnologie emergenti sempre più sofisticate, come l’intelligenza artificiale, per fini malevoli». Quali, ad esempio, «disinformazione, misinformazione e deepfake». Il disegno di legge è ambizioso e pretende di introdurre i principi «in materia di ricerca, sperimentazione, sviluppo, adozione e applicazione di sistemi e modelli di intelligenza artificiale», cioè di una tecnologia nata negli Stati Uniti e di cui gli stessi ideatori hanno intuto solo una parte delle potenzialità. E che ha visto i governi nazionali, incluso quello di Washington, relegati al ruolo di spettatori di ciò che i privati hanno messo sul mercato.

Regolare un mondo del quale ancora non si sono capiti i confini è difficilissimo, e anche per questo la parte del disegno di legge che appare meglio riuscita è quella più semplice, dedicata alle modifiche al Codice penale. Viene introdotto quel nuovo reato, del quale sarà ritenuto colpevole chiunque danneggi il prossimo diffondendo «immagini o video di persone o di cose ovvero di voci o suoni in tutto o in parte falsi, generati o manipolati mediante l’impiego di sistemi di intelligenza artificiale, atti a indurre in inganno sulla loro genuinità o provenienza». La punizione prevista è «la reclusione da uno a cinque anni».

GLI ALTRI REATI

Non è un caso che l’articolo che punisce la diffusione di deepfake, il «612-quater», sia destinato ad entrare nel codice subito dopo quello sul cosiddetto «revenge porn» («Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti»): i due reati possono essere compiuti insieme, ad esempio facendo circolare falsi filmati erotici di un ex amante. Gli algoritmi dell’intelligenza artificiale, però, possono generare molto più che amplessi mai avvenuti. Per questo il disegno di legge prevede che sostituzioni di persona, rialzo o ribasso fraudolento dei prezzi in Borsa, frodi informatiche, riciclaggio, aggiotaggio, manipolazione del mercato e altri reati siano puniti con un aggravio di pena se commessi con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

Un altro nodo importante riguarda la privacy, in particolare quella dei più giovani: secondo la bozza del governo, chi ha meno di 14 anni potrà usare le piattaforme di intelligenza artificiale solo con il consenso dei genitori. Si regola poi l’utilizzo degli algoritmi in campo sanitario e in ambito lavorativo, e viene creato un Osservatorio per monitorare l’impatto dell’intelligenza artificiale sui luoghi di lavoro. Vista la natura multiforme della nuova tecnologia, nella bozza del provvedimento è previsto che ad occuparsene siano due authority. L’Agenzia per l’Italia digitale avrà la responsabilità di promuovere l’innovazione e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, ma il compito più importante spetterà all’Agenzia per la Cybersicurezza nazionale, cui spetterà vigilare, ispezionare e sanzionare i sistemi di intelligenza artificiale e chi li gestisce, e sarà interessante vedere come si comporterà quando il cuore di questi server sarà dall’altra parte del pianeta e gli algoritmi saranno coperti dal segreto delle grandi corporation private.

La stessa Agenzia per la Cybersicurezza dovrà promuovere e sviluppare l’uso dell’intelligenza artificiale «relativamente ai profili di cybersicurezza»: l’utilizzo della tecnologia a scopo difensivo. Il Dipartimento per la trasformazione digitale, che è una struttura della presidenza del consiglio, propone poi la creazione di una fondazione «per la ricerca industriale per il trasferimento tecnologico, la sperimentazione, lo sviluppo e l’adozione di sistemi di intelligenza artificiale». In altre parole un nuovo ente pubblico che ne incentivi l’uso, sulla cui utilità il parlamento avrà modo di discutere. 

Pubblicato da edizioni24

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