By Manuela Messina
Quando risuona la voce di Giulia Tramontano, tutta l’aula resta in silenzio. Sua madre Loredana scoppia in lacrime. Anche in questa occasione Alessandro Impagnatiello tiene la testa bassa. “Mi ha raccontato tutto, delle cose assurde. Sono scioccata, sono scioccata”, ripete la 29enne uccisa incinta al settimo mese, nell’audio mandato via whatsapp all’amica Sara, che oggi ha testimoniato in aula. Era il 27 maggio, aveva da poco incontrato l’altra ragazza con cui il compagno aveva una relazione, la collega barista, in un caffè del centro. E si era sfogata con la sua amica, sicuramente arrabbiata ma sempre però restando calma e lucida.
Qualche giorno prima, riferisce Sara, la 29enne le aveva raccontato di “essere stata contattata da una ragazza che diceva di avere una relazione con Impagnatiello. La settimana prima – nei giorni in cui lui aveva detto di essere a una grigliata con gli amici mentre dovevano consegnare la cameretta – i due erano insieme, perché era il compleanno di lei e avevano dormito da lei”. La teste ha riferito che quel pomeriggio “mi ha detto che avrebbe chiesto la maternità anticipata a lavoro e sarebbe tornata dalla sua famiglia. Aveva già pianificato tutto, che lo avrebbe lasciato e sarebbe tornato a casa”. Poi la ricostruzione dei messaggi di quella sera, dopo che lei si era sincerata che stesse bene: “Ho ricevuto alle 21.50 un messaggio di Giulia, con scritto ‘Niente zia, vado a riposarmi’. Io le ho poi risposto e le ho mandato un abbraccio, ma quest’ultimo messaggio non è mai stato visualizzato”. Il giorno dopo, dice Sara, Impagnatiello le manda un messaggio su Instagram per chiederle se sapeva dove fosse Giulia. “Non ho mai risposto, sapevo quello che era successo tra loro e non mi sembrava il caso di rispondergli.Ho poi ricevuto un messaggio dalla sorella e anche mamma di Giulia che mi diceva che era dai carabinieri. Poi il lunedì ho ricevuto un altro messaggio di Impagnatiello che mi chiedeva se Giulia era arrivata a lavoro”.
L’amica con cui Giulia si confidava ha raccontato alla corte d’Assise che Alessandro Impagnatiello non voleva tenere il bambino “per motivi economici. Abortire era una richiesta dell’imputato”. Sara ha detto anche che lo stesso 30enne cambiava idea spesso sull’argomento. “Un giorno era ‘lo teniamo’, un altro giorno era ‘non lo teniamo”. La ragazza si dice certa: “Se Giulia fosse stata da sola, lo avrebbe sicuramente tenuto. L’ho vista piangere, talvolta, perché non aveva l’appoggio del suo compagno, si sentiva sola”. Sempre Sara ha riferito che l’amica lamentava dei forti “dolori alla pancia. La sera andava a letto con forti dolori alla pancia, poi la mattina dopo stava bene”. Dopo che lui le ha confessato i tradimenti, probabilmente per allontanarla, a febbraio, “la dottoressa l’ha messa a casa per 2 settimane e lei è tornata a Sant’Antimo dai suoi”.
Il capitano dei carabinieri Gianluca Bellotti, a capo della sezione indagini telematiche del Nucleo investigativo di Milano, ha detto che Impagnatiello ha consegnato il suo cellulare, un iPhone 14, ai carabinieri, mostrandosi “collaborativo” e “disponibile, anche alle richieste di fornire i pin e i codici di sblocco”. Dai testi emergono i litigi tra i due, dopo la scoperta, da parte di Giulia Tramontano, del tradimento. Quella stessa mattina, la scientifica sta analizzando l’auto di Impagnatiello, che appariva imperturbabile, mostrava “calma e freddezza”, una sorta di distacco da quanto stava accadendo. Al termine di quella giornata, è “come se avesse un atteggiamento meno freddo, quasi un piccolo crollo, come se avesse capito che avendo noi ottenuto il contenuto del telefono, eravamo a conoscenza del contesto” in una fase ancora “embrionale” delle indagini. “Quella freddezza, quella serenità e quella calma che lo avevano contraddistinto, hanno vacillato”, ha aggiunto. Bellotti ha ricostruito le ricerche sullo smartphone effettuate nei giorni successivi alla denuncia di scomparsa. Oltre a “macchie di bruciato” nella vasca da bagno, anche articoli usciti in quelle ore sulla scomparsa della Tramontano. C’è anche una ricerca su “Alberto Stasi carcere di Bollate” effettuata il 26 maggio.
Hanno poi testimoniato una vicina di casa e il ferramenta di Senago dove Impagnatiello ha acquistato un carrello usato per spostare il corpo e che ha detto che quel giorno era vestito con “un cappello, cappuccio tirato sul capo e un giubbotto marrone”. Si torna in aula il 23 maggio per le testimonianze di altri agenti di polizia scientifica e del sis.
Il 27 maggio – giorno dell’anniversario dell’omicidio – prenderà la parola il maresciallo Giulio Buttarelli della squadra omicidi e renderà interrogatorio lo stesso imputato.