Secondo gli Usa, Mosca sarebbe stata attenzionata dell’attacco alla Crocus City Hall

By Francesca Salvatore

Nessun avvertimento generico all’indirizzo dei servizi segreti russi: gli Stati Uniti sarebbero stati molto specifici negli avvertimenti a Mosca a proposito di potenziali attentati a firma Isis. Una nuova verità sull’attentato di due settimane fa emergerebbe, infatti, nelle ultime ore.

Lo scoop del Washington Post

Questo è lo scoop diffuso dal Washington Post ieri: i funzionari statunitensi che avrebbero prealleartato i servizi di sicurezza russi, non avrebbero inviato ai loro omologhi delle mere veline di pre-allerta, come lamentato da Mosca, bensì avrebbero indicato proprio la Crocus City Hall tra gli obiettivi sensibili in un eventuale attentato.

La nota sala concerti, infatti, si sarebbe benissimo prestata all’ottenimento del massimo effetto drammatico: luogo popolare, molto frequentato da famiglie e giovani. Un dettaglio che ribalta totalmente la vulgata della vicenda in cui Mosca continua a premere sulla pista ucraina, accusando Stati Uniti e Gran Bretagna di complicità con l’accaduto, per giunta puntando il dito contro le informazioni sommarie ricevute. Lo stesso Putin aveva respinto gli avvertimenti americani appena tre giorni prima dell’attacco, bollandoli come un “vero e proprio ricatto” nonchè un tentativo di intimidire e destabilizzare la società russa.

Cosa non torna

Le rivelazioni del Post, tuttavia, aprono un giallo nel giallo. Perché la notizia di informazioni così precise non è stata sottolineata e diffusa immediatamente dopo l’accaduto? Perché non rispondere a quell’accusa di “avvertimento generico” sui cui Putin ha costruito parte della sua narrazione? Risulta alquanto strano che Washington non si sia presa il “merito” di aver diffuso informazioni così precise, segnando un goal così importante all’avversario.

I funzionari legati alla diffusione di queste informazioni hanno discusso del delicato tema con la redazione del quotidiano statunitense a condizione di anonimato: un loro collega del Consiglio di Sicurezza Nazionale, si è invece rifiutato di commentare questo dettaglio. Tanto meno il Cremlino, raggiunto dai microfoni del giornale, ha fornito delle risposte, evitando di commentare-o anche solo smentire- le dichiarazioni della controparte. Nella giornata di ieri, tuttavia, Sergej Naryshkin come riporta Interfax avrebbe nuovamente insistito sul carattere nebuloso delle informazioni, affermando che le le veline ricevute dagli Stati Uniti non sono state sufficienti per prevenire un attacco o individuare i terroristi in tempo utile.

Perché Mosca avrebbe sottovalutato l’avvertimento

A questo proposito, si apre in Russia un altro grande dibattito: gli assalitori della sala concerti non hanno incontrato una resistenza significativa da parte di forze di polizia o di sicurezza all’interno del teatro. Un aspetto singolare, se si considera un Paese in guerra che era per giunta in pre-allarme terrorismo. I media russi hanno riferito che le forze specializzate della polizia sono giunte in loco più di un’ora dall’inizio della sparatoria e avrebbero atteso più di mezzora prima di entrare nell’edificio, “consentendo” agli assalitori di completare la carneficina e scappare. Pur ammettendo la lentezza della catena di comando russa e l’effetto sorpresa, un’ora e mezza complessiva per agire sembra davvero troppo. E i conti sembrano non tornare ancora.

I funzionari che hanno parlato con il Post, aggiungono un ulteriore dettaglio per sottolineare la bontà dell’operazione “dovere di avvertire“. Solitamente gli 007 di Washington non forniscono informazioni dettagliate sugli obiettivi a rischio, perchè questo esporrebbe l’intelligence a dei buchi nel proprio sistema di segretezza, svelando facilmente “come” sono state reperite determinate informazioni.

Pubblicato da edizioni24

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