Rusnac: “la sostenibilità in Italia: a che punto siamo?”

By Lolita Rusnac

L’Italia ha grandi risorse dalla sua. E’ il paese con la più alta biodiversità, la più alta diversità culturale, basti pensare al cibo, siamo dunque un Paese fortunato. Questo non è un merito, ma un patrimonio sul quale camminiamo. L’Italia è anche il Paese europeo con la più alta percentuale di territorio sotto protezione per la biodiversità: abbiamo tante aree marine protette, tanti parchi, siamo attorno al 20% degli obiettivi di sostenibilità ambientale, sicuramente si può fare di più, arrivare al 30% entro il 2030 e al 50% entro il 2050. Quindi l’Italia può fare tanto, ma in questa fase non sta facendo abbastanza. Non stiamo ad esempio sfruttando in maniera tempestiva i fondi del Pnrrr, molti dei quali sono legati all’ambiente e alla sostenibilità. Ma sostenibilità vuol dire solo cura dell’ambiente?

Lo sviluppo sostenibile si basa su tre principi fondamentali: integrità dell’ecosistema, efficienza economica ed equità sociale che corrispondono ai tre tipi di sostenibilità da realizzare: ambientale, economica e sociale. Per sostenibilità ambientale intendiamo la responsabilità nell’utilizzo delle risorse, la sostenibilità economica fa riferimento alla capacità di generare reddito e lavoro ed infine sicurezza, salute, giustizia e ricchezza formano la sostenibilità sociale. Ma da cosa derivano questi impegni?

L’Agenda 2030, sottoscritta nel 2015 da 193 Paesi delle Nazioni Unite, tra cui l’Italia, si basa su 5 concetti chiave, rappresentati da cinque “P”: 1) Persone, 2) Prosperità, 3) Pace, 4) Partnership, 5) Pianeta . L’agenda 2030 fu il primo documento ad elencare i 17 obiettivi individuati dall’ONU: azzeramento fame, povertà ed emissioni climalteranti, equità di genere, accesso all’istruzione e risorse idriche, salute, lavoro, crescita e altro ancora. Secondo i dati dell’Asvis, Alleanza per lo sviluppo sostenibile, due sono i periodi da considerare: dal 2010 al 2020 e quanto è accaduto nel solo biennio 2019-2020, molto critico da vari punti di vista. Se consideriamo l’ambito europeo, molto è stato fatto dei 17 obiettivi; il vecchio continente è riuscito a migliorarne ben 11 dal 2010 al 2020 : fame zero, benessere e salute, educazione paritaria, parità di genere, energia pulita e accessibile, lavoro dignitoso e crescita economica, innovazione con imprese e infrastrutture , città sostenibili, consumo e produzione responsabile, lotta al cambiamento climatico, rafforzamento della pace, giustizia e istituzioni. Sono rimasti stazionari due obiettivi: lotta alla povertà e accesso ad acqua e servizi sanitari, altri 3 invece sono in peggioramento: riduzione delle disuguaglianze, protezione degli ecosistemi e rafforzamento delle partnership a livello globale.
Nel biennio 2019-2020 3 obiettivi sono sicuramente migliorati: energia pulita, consumo e produzione responsabile e lotta al riscaldamento globale, mentre altri 6 sono rimasti pressoché stabili: lotta alla fame, parità di genere , educazione, lavoro e crescita , innovazione e infrastrutture, solidità delle istituzioni , pace giustizia . Sicuramente la pandemia e la crisi energetica scatenata dalla guerra in Ucraina hanno fatto retrocedere su: povertà, salute e benessere, disuguaglianze e partnership globale.

Ma quanto è sostenibile l’Italia? La risposta più recente è fornita dall’edizione 2022 del Sustainable development report (Sdr), dove l’Italia si posiziona al 25° posto su 163 paesi rimanendo in posizione pressoché stabile rispetto al 2021 (dove era 26 esima su 165 paesi). Ma l’Italia fa parte anche dell’Europa ed è in questo ambito che si percepisce una certa disuguaglianza rispetto agli altri paesi europei . I dati sulla sostenibilità del Bel Paese arrivano dal rapporto Italia Sostenibile 2022 di Cerved Italia. Lo stivale risulta ancora diviso tra Nord e Sud, la parte settentrionale colloca il nostro Paese a ridosso dei migliori cinque paesi monitorati: Svezia, Danimarca, Paesi Bassi, Germania e Finlandia, mentre il sud arranca soprattutto per quanto concerne la limitata capacità di innovare. L’innovazione è infatti fondamentale per la transizione green.

A peggiorare la situazione sono sicuramente uno scarso livello di digitalizzazione e la bassa capacità di attirare investimenti esteri. Un risultato che non ci si aspetta invece viene dall’ambito sociale , dove l’Italia occupa una posizione di merito su assistenza sociale e sanità. Di nuovo negativo il risultato sul fronte del capitale umano (povertà delle famiglie) e sistema sicurezza/giustizia. Fanno invece ben sperare i risultati sulla sostenibilità ambientale, dove i migliori risultati arrivano dal Centro Italia, ma è positivo anche il bilancio dell’inquinamento atmosferico che si attesta tra i più bassi in Europa, con un calo davvero significativo ad esempio delle emissioni industriali di ben 25 punti percentuali tra il 2011 e il 2020 . Il tasto dolente del nostro Paese rimane il rischio idrogeologico e sismico. Molti sono stati i disastri naturali (alluvioni, frane, terremoti) e dunque questo abbassa l’asticella dei risultati positivi sulla sostenibilità ambientale, frutto di mancata innovazione e investimenti adeguati e lungimiranti. Ma se da un lato la situazione sembra senza vie d’uscita, almeno non nell’immediato, è pur vero che nel 2021 soprattutto è cresciuta la finanza sostenibile, ovvero prestiti e/obbligazioni green e asset investiti in fondi sostenibili. Ad attrarre gli investimenti e i capitali sono dati credibili di sostenibilità, basati su misurazioni a garanzia di un minor rischio finanziario e creditizio. Dunque l’Italia barcolla, ma non molla.

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Una risposta a “Rusnac: “la sostenibilità in Italia: a che punto siamo?””

  1. articolo molto interessante, di solito si pensa che la sostenibilità sia solo quella ambientale e che l’Italia sia indietro su tutto e invece non è così!

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