Puglia, “Conte sapeva dalle inchieste”: il M5s fa scacco matto al Pd

By Pietro Senaldi

Elly Schlein tiene il Pd saldamente ancorato al sogno di un campo largo e di un’alleanza unitaria delle sinistre sull’asse tra i dem e i cinquestelle. Ma il clima è cambiato, la diffidenza nei confronti di M5S, e soprattutto del suo leader, Giuseppe Conte, regna sovrana e resterà anche quando sarà smaltita l’arrabbiatura, che è forte e alla segretaria non è ancora passata. Tutt’altro. Se l’intesa giallorossa terrà, o meglio si ricostituirà, sarà una pace armata, con una mano tesa e nell’altra il coltello, casomai toccasse difendersi. La fiducia è terminata; non più corrispondenza d’amorosi sensi; se si starà insieme ormai, sarà solo per interesse. I dem hanno annusato aria di trappolone. Sospettano che la frase del capo pentastellato, che nel comizio di Bari di giovedì sera ha dichiarato che non ci sarebbero più le condizioni per partecipare alle primarie giallorosse, viste le doppie inchieste sulla compravendita di voti che hanno coinvolto le maggioranze del sindaco Antonio Decaro e del governatore Michele Emiliano, non siano state dettate dal precipitare degli eventi. Pensano che siano state studiate da tempo, la parte finale di un piano che consente a Conte di far saltare una consultazione che avrebbe perso.

Accade infatti che M5S sostenesse Michele Laforgia, avvocato decano del foro di Bari, nonché difensore di diversi imputati dello scandalo pugliese e in rapporti di consuetudine con autorevoli elementi della procura del capoluogo. Laforgia, figlio del comunistissimo sindaco Leonida, che si è meritato perfino una via in città, malgrado il pedigree era un candidato a perdere; partito inizialmente pensando di avere il sostegno anche di Decaro, che glielo aveva fatto credere, e di Emiliano, che mantiene una posizione ambigua, sarebbe probabilmente stato sconfitto da Vito Leccese, politico di lunghissimo corso e larghe conoscenze. In Parlamento già nel 1992, quest’ultimo è stato capo di gabinetto sia di Emiliano sia di Decaro, che lo sostiene con la maggioranza del Pd.

IL SOSPETTO
Il sospetto dei dem, avvalorato dal fatto che Conte abbia insistito da subito per tenere il comizio giovedì senza la Schlein, anziché ieri e insieme, come sarebbe stato più usuale, è che, grazie alle buone conoscenze del suo candidato, il leader grillino fosse allertato da tempo del fatto che la mattina del 4 aprile sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe sconvolto il quadro politico della sinistra. L’avvocato avrebbe fissato così il suo comizio con la precisione di una bomba a orologeria per far saltare l’intesa con il Pd sulle primarie e in modo da poter fare all’alleato la consueta proposta di un patto leonino, già tentata alle elezioni in Basilicata, disastrose per i giallorossi: o sostenete il mio uomo, oppure ognuno va per sé. Sarebbe stato Laforgia, nei giorni precedenti, a seminare la mala pianta, attaccando il rivale con frasi del tipo: «Dalle mie parti non ci sono voti di scambio»; a intendere, non detto, che da quelle di Leccese, Decaro ed Emiliano invece sì. 

ClarabElly però stavolta avrebbe mangiato la foglia; e i toni perentori del comizio di ieri sono inequivocabili. Parlava a Conte neanche fosse la Meloni. Ha capito che il leader di M5S vuole rompere anche perché a Bari, che fa oltre trecentomila abitanti, si vota in concomitanza con le Europee, dove il sistema è proporzionale e la divisione, magari con un candidato proprio, paga. È chiaro che, se il Pd convergesse su Laforgia e ritirasse Leccese, la vittoria a Bari sarebbe molto probabile mentre, se restano in pista due pretendenti, uno grillino e l’altro dem, il centrodestra, che per ora sta alla finestra e non ha ancora ufficializzato la propria scelta, entrerebbe in partita da favorito. Ma per la segretaria ormai è meglio rischiare di perdere Bari piuttosto che darla vinta a Conte, dal quale si sente presa in giro. Schlein si è convinta che è arrivato il momento di mettere dei paletti all’alleato-rivale.

LO SCENARIO
Sul territorio, la partita è affidata a Leccese, che ha pieno mandato. Se decide di andare avanti, il Pd lo sosterrà; l’alternativa è accordarsi con M5S e Laforgia per trovare un terzo uomo, da sostenere insieme, ma l’avvocato barese non è intenzionato a ritirarsi. Su scala nazionale invece, il dramma pugliese potrebbe essere l’inizio di una nuova fase per idem. La parte meno movimentista del partito è da tempo convinta che il campo largo sarà un campo santo per la sinistra, che di Conte non ci si può fidare e che continuare a perseguire l’idea di un’alleanza giallorossa è tempo perso. Soprattutto, da sospetto è diventata in molti convinzione il fatto che il solo modo che il Pd avrebbe per tenersi attaccato Conte sarebbe candidarlo a premier, benché M5S abbia meno voti dei dem, e sostenerlo fedelmente. Altrimenti, anche se l’asse giallorosso dovesse al prossimo giro vincere le Politiche, più prima che poi, il leader grillino, che a fare il socio di minoranza non ci sta, ritirerebbe la fiducia e farebbe cadere un eventuale governo a guida dem. È nella sua natura, quello dello scorpione.

La Schlein finora non aveva mai voluto ascoltare questi ragionamenti, perché vengono da elementi del partito che le sono distanti, hanno una storia diversa e un elettorato proprio, ma dopo l’ultimo ricatto di Conte avrebbe iniziato a prestarvi attenzione. Se la segretaria, che proviene dal movimento Occupy Pd, e quindi è estranea a molti parlamentari dem quanto lo è al leader grillino, fino a ieri faceva poca differenza tra i primi e il secondo, da oggi si sarebbe persuasa che una futura vittoria passi innanzitutto dal rafforzamento dell’identità e della compattezza del partito e solo in un secondo momento da eventuali alleanze. Elly inizia a rendersi conto che la via più breve, quella dell’intesa con M5S, è la meno sicura e che deve rassegnarsi a guidare i dem in una traversata del deserto solitaria, con alleati tuttalpiù da trovare cammin facendo. Come tutti gli spasimanti delusi, la Schlein e coloro che nel Pd avevano creduto in Giuseppi, che come aveva capito Trump con un solo sguardo sono sempre due, al momento di regolare i conti saranno i più spietati. Il problema è che per la traversata solitaria serve tempo; e questo il Pd non lo concede a nessuno. La natura dello scorpione abita anche da quelle parti.

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