Perché vergognarsi? La bellezza ed il fascino del cognome del papà è tutto. Il doppio cognome non fa breccia nel cuore dei milanesi: il 90% continua a scegliere quello del papà

Nella Milano progressista del sindaco Sala la rivoluzione del ‘doppio cognome’ non prende quota. La maggioranza delle famiglie continua a registrare all’anagrafe il neonato con il cognome del papà.  Poco è cambiato da quando la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la trascrizione automatica del cognome paterno. Nei tre principali ospedali 768 bambini su 862 non hanno fatto eccezione. Praticamente il 90 per cento delle famiglie ha deciso di non cambiare il costume tradizionale.

Su scala nazionale la scelta del doppio cognome dovrà attendere il via libera del Parlamento. Dispiaciuta per i numeri Annamaria Bernardini de Pace, una lunghissima esperienza nel diritto di famiglia, rigetta la narrazione del maschilismo e del patriarcato.  “Non c’entrano assolutamente nulla con questi dati. A pesare è la disinformazione. Non c’è mai un’informazione giuridica corretta. In questi casi la gente non sa ancora come comportarsi”, dice interpellata da Libero. Bernardini De Pace parla di disinformazione imbarazzante e assurda. E punta l’indice contro i colleghi che non fanno il loro dovere. “Perché in una società civile il diritto deve essere conosciuto. Montanelli mi diceva ‘Nel momento in cui sai parlare devi approfittare di radio e tv per spiegare cosa succede nei codici ogni giorno’”.

La sentenza parla chiaro ma le famiglie non lo sanno. Stop a quell’automatismo che dà ai neonati direttamente il cognome del papà. Quando oggi ci si presenta agli sportelli dell’anagrafe si deve scegliere. O proseguire come sempre si è fatto, o seguire la discendenza della mamma. Oppure raddoppiare coi cognomi di entrambi i genitori nell’ordine che si preferisce. Senza scontentare nessuno. “Ci sono molte cose da valutare quando si registra un bambino all’anagrafe”, continua l’avvocato. “Cognomi ridicoli, cognomi che si stanno estinguendo. Cognomi che se letti insieme al nome producono cacofonie”.

Tra la prime a essere entusiasta della novità l’assessore ai Servizi Civici del Comune di Milano, Gaia Romani. Assurta agli onori della cronaca per la sostituzione della targa sulla porta dell’ufficio. Mettendo la “a” finale al posto della “e”: assessora al posto di assessore. “Rappresenta un passo avanti importante. Perché va a disinnescare un meccanismo figlio di una cultura fortemente patriarcale. Milano è pronta ad accogliere questo importante cambiamento. E a raccontare questa possibilità di scelta nella quotidianità, affinché sempre più persone possano conoscerla”. Ma per i milanesi le priorità sono ben altre. Criminalità, degrado, incuria, spaccio di droga, affitti alle stelle. Come ha fotografato bene tra le polemiche Laura Ferragni.

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