By Lorenzo Mottola (LQ)
Le notizie sono due. La prima è che Luigi Di Maio è tornato a parlare in tv dopo mesi di latitanza. La seconda, quella buona, è che l’ex ministro sostiene di aver chiuso con la politica, «sarebbe accanimento terapeutico dopo il risultato elettorale», ma questo non significa affatto che non lo vedremo più.
L’ex paladino Cinquestelle ha rilasciato queste dichiarazioni – fulmine a ciel sereno- in un’intervista a In mezz’ora su Rai3. Un intervento per provare a spiegare quel che fa oggi, dopo la nomina a “rappresentante speciale per le relazioni nel golfo” per conto dell’Unione Europea. Alla fine dell’ascolto, tuttavia, restano dubbi. Tanti dubbi. «Beh partiamo col dire che quando si è deciso con l’Unione Europea di dedicare maggior attenzione a questi rapporti la crisi a Gaza non c’era», ha esordito il nostro. Il che è come dire che oggila sua carica rischia di diventare utile quanto un volume delle memorie di Danilo Toninelli. Spiega Gigino: «Mi occupo di cinque settori: commercio, energia, la sicurezza regionale, i rapporti culturali, e le relazioni tra istituzioni. È chiaro che adesso la parte di sicurezza regionale si fa più importante e coinvolge anche l’Iran». E ci aspettiamo che la parlantina di Di Maio risulterà fondamentale per piegare gli Ayatollah.
«Il mio ruolo in questo momento è sicuramente di supporto sia all’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell, sia a Sven Koopmans, che si occupa del processo di pace in Medioriente». In che modo ciò avvenga, però, non si capisce.
Gli obiettivi della missione europea comunque sono chiari: «Evitare l’espandersi del conflitto e liberare gli ostaggi perché ci sia un futuro per Gaza». Il tutto tenendo fermo un punto, ovvero che l’Europa ha scelto da che parte stare: «L’Ue sostiene Israele nel suo diritto di difendersi». Certo, chi potrà essere più affidabile di Di Maio perla difesa di Gerusalemme? Per chi avesse dimenticato, Gigino sulla questione palestinese un tempo aveva posizioni simili a quelle del Mullah Dibbah, cioè di Alessandro Di Battista, oggi star delle tv del golfo per le sue intemerate anti-sioniste in tv. Nel 2016 aveva guidato una delegazione di grillini in Terra Santa, portandosi dietro Manlio Di Stefano (quello che a domanda «Hamas è terrorista» rispose «ha vinto le elezioni»). Aveva dichiarato che M5S al governo avrebbe riconosciuto lo Stato di Palestina e provato a entrare nella Striscia di Gaza per prendere contatti con una Ong. Ed era stato respinto.
Il tempo, però, cancella tutto. E ormai è chiaro Di Maio in politica sa navigare alla grande. Infatti tiene a parlar bene di tutti i suoi vecchi compagni: «Non sento Beppe Grillo da un sacco di tempo, ma il bene che provo nei suoi confronti è assolutamente invariato». La rottura con M5S comunque non ha creato rancori: «Avevo un’idea diversa sul governo Draghi e sull’Ucraina e quella scelta poi mi ha portato a presentarmi alle elezioni».
Alla fine, però, è stato giusto farsi da parte: «Gli italiani sono stati molto chiari nei miei confronti, non abbiamo preso neanche l’1%. La cosa importante in questi casi è evitare l’accanimento terapeutico». Giusto staccare questa spina? Ai lettori la sentenza…