Le pesanti accuse del cardinale Mueller: “A Santa Marta un cerchio magico. Sugli abusi, gli amici del Papa favoriti”

Duro j’accuse dell’ex prefetto del Sant’Uffizio, il cardinale Gerhard Mueller che nel libro intervista “In buona fede” con la vaticanista Franca Giansoldati, fa rivelazioni sconvolgenti.

“Vi è una sorta di cerchio magico che gravita attorno a Santa Marta formato da persone che, a mio parere, non sono preparate dal punto di vista teologico”, dice l’ex Prefetto della Dottrina della Fede aggiungendo che “in Vaticano sembra che ormai le informazioni circolino in modo parallelo, da una parte sono attivi i canali istituzionali purtroppo sempre meno consultati dal pontefice, e dall’altra quelli personali utilizzati persino per le nomine dei vescovi o dei cardinali”.

Cita allora il caso di un vescovo italiano allontanato per le sue posizioni critiche sulle norme Covid. “Pur di non avere problemi con il governo italiano di allora, questo vescovo fu fatto dimettere” ma “un Papa non è il proprietario della Chiesa o l’amministratore delegato o il maggior azionista”.

Parlando del caso di monsignor Gustavo Zanchetta, ha osservato: “È stato fatto un processo canonico a suo carico ma non ne conosco il risultato. Zanchetta fa discutere poiché ha potuto godere di uno status privilegiato in quanto amico del Papa. Di norma le amicizie non possono influenzare il procedere della giustizia, tutti devono essere trattati in modo uguale. Il problema risiede qui, anche perché il Papa – con la sua autorità – può sospendere un processo”.

‘Mentre ero a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede – ha poi raccontato- una volta è capitato un caso interessante, quello di don Mauro Inzoli, un sacerdote vicino a Comunione e Liberazione. Il tribunale vaticano avviò un processo su di lui alla fine del quale si decise di ridurlo allo stato laicale perché fu riconosciuto colpevole di crimini. Purtroppo però vi fu un cardinale di curia che andò a bussare a Santa Marta, chiedendo clemenza. Davanti a questo interventismo il Papa si convinse e scelse di modificare la sentenza aggiustando la pena a Inzoli, stabilendo che rimanesse sacerdote ma con il divieto di indossare in pubblico l’abito sacerdotale o il clergyman e senza presentarsi alle comunità come consacrato. Rimaneva consacrato ma non poteva mostrarsi agli estranei come tale”.

”Questo – dice il cardinale Mueller – è solo un esempio, ma ricordo che ci sono stati diversi cardinali che hanno reagito e mostrato forte contrarietà davanti a sentenze di riduzione allo stato laicale di chierici colpevoli di abusi. Così accadeva che per i chierici di nazionalità polacca o americana o straniera, condannati dal tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede, si procedeva velocemente alla riduzione dello stato clericale, mentre per i sacerdoti italiani si faceva sempre tanta fatica ad applicare la sentenza perché si muovevano dietro le quinte gli amici influenti che bussavano a Santa Marta andando dal Papa a chiedergli di intercedere. E alla fine ci riuscivano quasi sempre”.

Mueller parla anche del caso Becciu. “Francesco ha deciso di punirlo severamente dopo che qualcuno era andato da lui, a Santa Marta, per mostrargli un articolo” ma “come si fa ad agire in base a un articolo di stampa?”.

Infine, la questione della messa in latino: la stretta decisa da Bergoglio, dice il cardinale Mueller, è stata “uno schiaffo” per i tradizionalisti, “ha scavato fossati e ha causato dolore”. “Agendo in questa direzione Papa Francesco sembra abbia dato ascolto a un gruppo di consiglieri senza tenere conto che quel provvedimento avrebbe assunto i contorni di una mera dimostrazione di potere”, conclude Mueller.

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