Le Ong si lamentano contro le restrizioni e chiedono soldi: Sea Eye vuole 100mila euro in donazioni

Ong, pianto in tasca e cappello in mano. Mentre la Geo Barents salpata dal porto di Bari dopo lo sbarco dei 190 migranti, annuncia di essere pronta per una nuova missione, twittando: «La squadra di Msf sta tornando nel Mediterraneo centrale, pronta a riprendere le operazioni di salvataggio in mare», la Louise Michel, fermata per 20 giorni al porto di Lampedusa, freme per lo stop e attacca col piagnisteo: «Ci viene impedito di salvare mentre le persone vengono lasciate morire ogni giorno. È vergognoso. Queste morti pesano sull’Europa». In tutto questo, con tutti i team uniti contro le restrizioni che vanno sempre più strette alle Ong – e ovviamente solidali contro il blocco sancito alla nave di Bansky– la Sea eye chiede 100mila euro in donazioni per effettuare i lavori di cantieristica. Evidentemente i soldi sborsati dal parlamento tedesco non bastano…

Insomma, tra sanguinose accuse a governo e Guardia costiera, le Ong frignano. Battono cassa. E annunciano la ripresa dei pattugliamenti nel Mediterraneo. Le restrizioni che ha emanato l’esecutivo con il ministro Piantedosi cominciano a farsi sentire. L’Italia chiede che vengano rispettate, e a loro la cosa va sempre più stretta. Gli equipaggi si mostrano insofferenti e scalpitano per ripartire e operare secondo i dettami di quell’egemonia vantata troppo a lungo. Così, tutte le Ong partecipi del caso della Louis Michel e delle sue recriminazioni, si schierano compatte contro governo italiano e Ue. Rivendicando il diritto a muoversi liberamente. Pretendendo di agire in autonomia e, soprattutto, in aperta non ottemperanza delle leggi e delle indicazioni delle autorità marittime italiane.

E poco importa che un simile dispotismo intralci i soccorsi e le operazioni di salvataggio degli organi competenti e addetti al servizio, come la Guardia costiera… Guardia costiera che ha apertamente accusato le navi delle organizzazioni non governative di essere «un ostacolo alle operazioni di soccorso» in mare, anziché un aiuto. I piagnistei delle ultime settimane preludono a nuove mosse. A nuovi interventi mirati a ribadire ruoli e approcci nella gestione del traffico marittimo al largo di Turchia e Tunisia: le due tratte prese d’assalto da trafficanti e scafisti.

Operazioni incessanti e dispendiose che la Geo Barents ha già annunciato di essere pronta a riprendere, tanto che in queste ore è già sulla via del Mediterraneo centrale, pronta a posizionarsi davanti alla costa libica in attesa dei barchini che nelle prossime ore partiranno in direzione dell’Italia. Del resto in un esaustivo servizio sull’argomento, «la loro presenza a distanza così ravvicinata con la Libia è un fattore di attrazione importante per chi organizza e per chi prende il mare perché fornisce un elemento di percezione di sicurezza importante, visto anche quello che viene raccontato dai trafficanti, che rassicurano su ipotetici contatti con le navi».

Ma se la Geo Barents riparte col vento in poppa, la tedesca Sea Eye non sembra poter fare lo stesso: per salpare nuovamente ha bisogno di altri 100mila euro. In due tweet che, tradotti, recitano: «Mentre si lavora sulla nostra nave, le persone nel Mediterraneo vanno regolarmente in pericolo. Ecco perché dobbiamo tornare nell’area operativa il prima possibile. Ma per poter svolgere integralmente i necessari lavori di cantiere servono ancora 100.000 euro». E ancora: «Aiutateci a saldare le bollette imminenti con una donazione, in modo che Sea Eye 4 possa attraversare il cantiere in sicurezza e tornare rapidamente in azione».

Pubblicato da edizioni24

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