La sinistra tace se il branco è di migranti. E attacca la maggioranza: “Non strumentalizzare”

By Andrea Indini

Per questa bambina, perché a 13 anni si è ancora bambini, non vedrete le femministe stracciarsi le vesti. Probabilmente non leggerete nemmeno editoriali contro la «società patriarcale», contro il «maschio, bianco, etero», contro le destre e il loro machismo tossico. E, se mai arriverete a leggerli, vi troverete dinanzi a uno sbandamento totale del senno umano, se non addirittura ad un malsano ribaltamento della realtà.

Ieri diversi giornali, tutti della galassia progressista, hanno preferito voltare lo sguardo altrove. Eppure la 13enne brutalmente stuprata a Catania da sette bestie davanti agli occhi del fidanzato inerme ricorda, in tutto e per tutto, la barbarie subita il 7 luglio dello scorso anno da un’altra giovane, una 19enne. Era successo nella stessa regione, ma a Palermo. A violentarla era stato un branco, anche in quell’occasione formato da sette animali. Una sola differenza: allora gli stupratori erano tutti italiani, ora abbiamo a che fare con egiziani precedentemente sbarcati nel nostro Paese e ospitati nei centri accoglienza. Il premier Giorgia Meloni, sabato scorso in visita a Catania per altri impegni di agenda, ha raccontato di essere rimasta sgomenta nell’apprendere quando accaduto. Ma ha anche subito promesso che «lo Stato garantirà che sia fatta giustizia». Il vicepremier Matteo Salvini ha sollecitato che venga votata al più presto la proposta dalla Lega sulla castrazione chimica: «Davanti a orrori del genere non può esistere clemenza ma soltanto una cura». Dalla segreteria politica del Carroccio, poi, Fabio Cantarella, già assessore alla Sicurezza del Comune di Catania, non ha fatto sconti al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi: «Dovrebbe trovare il coraggio di attuare le politiche del predecessore Salvini contro l’immigrazione incontrollata. Anche a costo di subire un processo».

A sinistra, invece, tutti tacciono. È vero, anche l’estate scorsa, l’eco mediatica per la violenza di Palermo era montata nei giorni successivi, ma assistere a tanta indifferenza davanti a una 13enne stuprata nei bagni di una villa nel pieno centro di Catania fa orrore. Nel Pd soltanto i giovani dem di Catania hanno commentato la notizia, ma lo hanno fatto per attaccare il centrodestra: «Verrà strumentalizzata la nazionalità degli stupratori ma la verità è che gli stupri non hanno nazione e gli stupratori non hanno nazionalità». Per loro l’orrore dei sette egiziani è «il risultato di una violenza strutturale e di una cultura dello stupro di cui la nostra società è impregnata». Anche Ilaria Cucchi (Avs) ha parlato di «strumentalizzazione etnica» e ci ha tenuto a sottolineare che «stuprano uomini figli di una cultura criminale che appartengono anche al nostro Paese».

Dopo le violenze sessuali di Palermo e di Caivano era stato uno stillicidio di commenti e denunce, di editoriali e indici puntati. Siamo «un Paese maschilista», l’accusa. Un Paese da curare. Tutti gli uomini, nessuno escluso. Perché, giorno dopo giorno, assistiamo ad «una regressione nei loro comportamenti nei confronti delle donne». E perché, a conti fatti, ogni maschio è un bruto. Nei prossimi giorni, come già fatto dai giovani del Partito democratico catanese, altri maître à penser della sinistra potrebbero accodarsi a incolpare la «virilità tossica». Nessuno di loro, nemmeno questa volta, coglierà però l’occasione per un mea culpa su anni di politiche migratorie troppo buoniste, sull’ottusa ostilità ai centri per i rimpatri e soprattutto su tutte quelle volte che la belva era uno straniero e loro hanno voltato lo sguardo dall’altra parte pur di non vedere.

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