“A seguito di intensi negoziati, gli alleati Nato hanno raggiunto un consenso per rimuovere il Map dal percorso di adesione dell’Ucraina”: con un post su Twitter, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba plaude alla presunta svolta all’interno della Nato, riferendosi al “Membership action plan“, il Piano d’azione di adesione attraverso il quale l’Alleanza avvia negoziati con i candidati membri su questioni di natura politica, economica, di difesa e di sicurezza. “Plaudo a queste lungamente attesa decisione che accorcia il nostro percorso verso la Nato – aggiunge Kuleba – è anche il momento migliore per fare chiarezza sull’invito all’Ucraina a diventare membro”.
Il Map è un programma Nato di assistenza, consulenza e supporto pratico che si adatta alle esigenze di quei Paesi che chiedono di far parte dell’Alleanza. L’aver preso parte al Map non pregiudica in alcun modo l’adesione futura. I singoli Paesi che vi prendono parte presentano annualmente all’Alleanza dei piani nazionali inerenti alla loro eventuale adesione: la Nato a sua volta fornisce risposta a questi progetti, rispondendo puntualmente su ogni singola criticità così come rimarcando i progressi che quel Paese ha compiuto su un aspetto specifico, dalla difesa alla sicurezza, passando per la politica e l’economia. Lanciato nell’aprile del 1999 in occasione del vertice di Washington, il Map è nato dall’esperienza del primo allargamento dell’Alleanza nel post-Guerra Fredda, quando vi hanno avuto accesso Repubblica Ceca, Ungheria e Polonia. Il Map si è poi rivelato fondamentale nel secondo allargamento (quello del 2004) quando hanno fatto il loro ingresso nella Nato Bulgaria, Estonia, Lettonia,Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia e, in seguito, Albania e Croazia nel 2009. Montenegro e Macedonia del Nord sono anch’essi passati al vaglio del Map per poi entrare nell’Alleanza, rispettivamente, nel 2017 e nel 2020. Al momento, la Bosnia Erzegovina si trova proprio in questo limbo, all’interno del quale è stata invitata a partire dal 2010.
Se l’entusiasmo da parte ucraina è comprensibile, non è semplice comprendere cosa stia accadendo nella Nato, nel bel mezzo di queste ore febbrili che precedono il vertice di Vilnus. Soltanto poche ore fa, nella sua lunga intervista rilasciata alla Cnn, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden aveva annunciato urbi et orbi la sua brusca frenata sull’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Le motivazioni addotte sono sostanzialmente tre: “Kiev non è pronta a far parte della Nato… deve soddisfare altri requisiti”, “non c’è unanimità tra i Paesi membri” e farlo ora “nel mezzo di un conflitto significherebbe entrare in guerra con la Russia”, dato l’impegno alla mutua difesa “di ogni centimetro del territorio Nato”. Non solo, ma il presidente Usa ha anche sottolineato come Kiev debba essere coadiuvata mediante un “percorso razionale” che possa aiutare l’Ucraina a raggiungere i requisiti necessari. In molti hanno visto in quel percorso razionale proprio il Map o qualcosa di simile
Le parole di Kuleba, tuttavia, non hanno ricevuto ancora alcun commento da parte del quartier generale della Nato, tantomeno da nessuna potenza del Trattato.
In preparazione al vertice di Vilnius, numerosi Paesi dell’Alleanza avevano appoggiato la proposta britannica di far saltare il Map all’Ucraina, senza ulteriori tentennamenti. Questa immensa zona grigia affonda le sue origini nel vertice di Bucarest del 2008, quando la Nato decise che Kiev avrebbe potuto far parte dell’Alleanza. I leader dell’Organizzazione, però, non offrirono il Map all’Ucraina, generando una sequela di non detti e di misunderstanding sino allo scoppio del conflitto, quasi un anno e mezzo fa. Del resto, Kiev non sarebbe il primo Paese a ricevere un invito diretto nel Patto del Nord Atlantico: è stato questo il caso di Finlandia e Svezia. Inoltre, membri come Germania e Gran Bretagna chiedono a gran voce di saltare questo passaggio, ormai superato dalle gravissimi contingenze; ma anche per via dell’accelerazione che le forze ucraine hanno compiuto sul campo in fatto di adesione agli standard Nato, soprattutto grazie al supporto dei Paesi occidentali che hanno dotato Kiev di armamenti via via più sofisticati che hanno rimpiazzato il vetusto armamento di fabbricazione sovietica.
Alla vigilia del summit di Vilnius il pressing su Biden il Temporeggiatore si fa fortissimo: “Tutti comprendiamo che solo la vittoria riporterà stabilità e sicurezza in Europa. Gli alleati devono concordare su ulteriore supporto militare all’Ucraina fino alla completa liberazione del suo territorio. Comprendiamo anche come l’Ucraina debba essere pienamente integrata nella struttura di sicurezza transatlantica e diventare un membro della Nato. Il tempo di ripetere le promesse è finito. E’ ora di concordare su come vogliamo raggiungere questo”. Sono le parole del presidente della Lituania, Gitanas Nauseda, in conferenza stampa con il segretario generale della Nato, in vista del Summit di Vilnius.
“La prospettiva dell’adesione è estremamente importante per un Paese che combatte eroicamente contro il mostro russo da quasi un anno e mezzo e Vilnius deve essere il posto da dove le buone notizie raggiungano gli ucraini”. Quest’ultimo promette che dalla capitale baltica giungeranno unità e un forte messaggio a Kiev ma, soprattutto, preannuncia un pacchetto di tre elementi sul quale gli Alleati possano concordare: questo comprenderebbe un programma pluriennale di assistenza per garantire l’interoperabilità tra le forze ucraine e la Nato; l’istituzione di un nuovo Consiglio Nato-Ucraina da inaugurarsi alla presenza del presidente Zelensky; ma soprattutto, la riaffermazione dell’intento di accogliere Kiev nell’Organizzazione. Ma se le intenzioni non sono in discussione, i tempi continuano a spaccare l’Alleanza, o meglio, stanno già mettendo Biden contro l’Europa.