La Giustizia ora smantelli il sistema di potere che inquina il Paese

By Luca Palamara

Le notizie che tutti i giorni affollano le pagine dei quotidiani nazionali ed i talk show descrivono una crisi della giustizia e del mondo dell’informazione che impone una serie di riflessioni. Basterebbe, infatti, ripercorrere anche solo sommariamente gli eventi degli ultimi quindici anni per acquisire la consapevolezza sull’esistenza di un assetto di potere che, violando costantemente i più elementari e preziosi diritti delle persone, si muove come un polipo per sbarrare la strada al rinnovamento e per riportare presso di sé il potere in caso di temporanea per perdita

I casi di Berlusconi, Renzi, Salvini, solo per citarne alcuni, rappresentano la cartina di tornasole dell’esistenza di questo assetto di potere e spalancano le porte, o meglio avrebbero dovuto spalancare le porte, ad un’indagine seria ed efficace sui mandanti e sulle modalità attraverso le quali carriere politiche e assetti governativi legittimamente insediatisi a seguito del voto popolare siano stati indeboliti e in qualche caso completamente annientati.

Ma il discorso, di per sé già grave, non è rimasto confinato solamente nell’ambito della contesa politica poiché ha riguardato anche il mondo della magistratura e delle forze dell’ordine. Nel 2019 il ribaltone della maggioranza al CSM, verificatosi come conseguenza della aggressione mediatica,

costante e agguerrita, da parte della stampa di riferimento giovatasi di fughe di notizie i cui responsabili non sono stati mai identificati, rappresentano la parte più torbida e preoccupante delle vicende al centro dell’attenzione delle istituzioni.

Ed è stato così che in poco tempo l’assetto di potere sconfitto nelle urne dei magistrati si è riappropriato del CSM ed ha collocato i suoi Procuratori negli uffici più importanti d’Italia. Tutto questo ha fatto breccia sulla parte più moderata della magistratura che da un lato ha preferito rimanere silente e dall’altro si è dimostrata incapace di leggere le carte processuali e di formarsi un convincimento autonomo, non condizionato dalla stampa e dalla versione offerta e ribadita, con gravi e reiterati strappi allo Stato di diritto, dall’assetto di potere che l’ha creata e diffusa.

Quella parte della magistratura, infatti, è stata abilmente indirizzata ad accanirsi sulle chat private, confidenziali e spesso anche provocatorie ed assolutamente irrilevanti estratti dal telefono di chi scrive ed in possesso della stampa, addirittura anche dell’attuale portavoce della Schlein, per colpire gran parte di loro colleghi colpevoli di aver seguito pratiche consolidate e accettate da tempo memorabile.

Sono passate così sotto silenzio anche le gravi aggressioni a magistrati estranei alle pratiche ed ai fatti che tanto clamore scalpore avevano generato, colpiti da manipolazioni investigative denunciate da più parti.

Lo Stato non può agire forzando e violando le regole di diritto, non può interpretarle secondo convenienza ed opportunità, non può calpestare i diritti delle persone e non può di certo perseverare nell’occultare mandanti esecutori di una strategia spietata e spregiudicata, spesso anche in parte solo vendicativa, messa in atto per finalità diverse da quelle istituzionali.

Se si tradiscono le regole, se anche le istituzioni di garanzia vengono anche solo sospettate di agire sotto la pressione di altre, lo Stato diritto diventa solo una chimera ed il Paese sempre più una giungla dove ciascuno opererà solo per conservare le posizioni di potere acquisita.

Insomma, questo è il vero banco di prova dell’adeguatezza della magistratura a fare giustizia e della capacità degli organi di garanzia di liberarsi di quell’assetto di potere che sempre più danneggia il Paese e che agisce con la stessa forza di un cancro pervadendo gli apparati e inquinando le scelte politiche.

Pubblicato da edizioni24

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