La Cgil chiama a raccolta i “compagni” e dichiara guerra al governo, la Cisl si sfila

La Cgil soffia sul fuoco e, a differenza della Cisl, cerca lo scontro a tutti i costi.  Vede diavoli dappertutto. Il sindacato rosso, che più rosso non si può, sceglie la strada della rissa perenne. Sale sulle barricate a prescindere, qualsiasi cosa proponga il governo Meloni. Scontato, l’ha fatto anche in passato con qualsiasi esecutivo considerato “nemico”. Invece Luigi Sbarra, segretario della Cisl, sceglie il dialogo. A settembre si siederà ai tavoli su manovra e pensioni. «Ci confronteremo con il governo sulla base della nostra agenda sociale», dice in un’intervista al “Giornale”.«Giudicheremo i risultati del confronto senza fare sconti. Il nostro mestiere è contrattare per conquistare risultati per le persone che rappresentiamo».

Un modo di concepire il sindacato di gran lunga diverso da quello della Cgil. Che ha già promosso una manifestazione per il 7 ottobre e prospetta uno sciopero generale. «Non tocca a noi esprimere giudizi sulle mobilitazioni annunciate da altri», specifica Sbarra. «Per quanto ci riguarda, siamo mobilitati da due mesi in tutti i luoghi di lavoro e nei territori. Raccogliamo le firme sulla nostra proposta di legge sulla partecipazione dei lavoratori. Andremo avanti con i tavoli. A settembre partirà il percorso dal basso della nostra assemblea organizzativa. E daremo vita a una iniziativa con proposte concrete contro la precarietà e il lavoro povero. Alla fine di questo percorso, e di fronte ai contenuti della manovra, sapremo regolarci in base ai risultati ottenuti dal confronto».

«La questione dei bassi salari e del lavoro povero è un’emergenza nazionale che va affrontata senza demagogie e con la massima concretezza. Anche noi siamo per un salario dignitoso», specifica. «Però, deve essere rigorosamente di natura contrattuale. La soluzione sta nell’estensione, settore per settore, del trattamento economico complessivo dei contratti nazionali maggiormente diffusi e applicati. Serve una norma leggera di sostegno ai buoni contratti nazionali».

«Con il quantum orario indifferenziato stabilito dallo Stato si determinerebbe ulteriore lavoro nero e sommerso». Lo spiega, differenziandosi dalla Cgil, il leader della Cisl. Quindi sarebbe «uno schiacciamento verso il basso dei salari medi, l’uscita dalle tutele dei contratti nazionali di migliaia di imprese. In pratica, l’arbitrio di fatto della politica su dinamiche che devono restare flessibili e adattive e ancorate all’autonomia negoziale e contrattuale delle parti sociali»

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